È uscito in dicembre 2013 il mio nuovo CD per organo solo interamente dedicato a mie trascrizioni originali da opere di GIUSEPPE VERDI
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GIUSEPPE VERDI

da I Lombardi alla prima crociata (1843):
- Preludio e Introduzione («O nobile tempio»)
- coro «O Signore, dal tetto natio»

da La battaglia di Legnano (1849):
- Aria e finale («Per la salvata Italia [...] Chi muore per la patria [...] Te Deum laudamus»)
- Preghiera «Deus meus, pone illos ut rotam» (salmo 82)
- Sinfonia

Sinfonia de I Vespri siciliani (1855)
Sinfonia de La forza del destino (1863) (clicca per ascoltare un'anteprima)
Ave Maria da Otello (1887)


Paolo Bottini all'organo "Serassi" (1861) della chiesa parrocchiale di S. Alessandro della Croce in Pignolo a Bergamo

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SE VERDI FOSSE DIVENTATO ORGANISTA TITOLARE DELLA CHIESA PARROCCHIALE DI SORAGNA...

di Paolo Bottini

Perdonino i melomani questa interpretazione all’organo di passi operistici di Giuseppe Verdi, interpretazione che, giocoforza, è riduzione e adattamento ad uno strumento solista di un partitura articolatamente elaborata per orchestra, voci soliste e cori... ma pur sempre concepita dall’autore su una tastiera (mezzo, questo, che accomuna il pianoforte all’organo). Spero, dunque, il cortese ascoltatore voglia quanto meno riconoscere che, grazie alle non indifferenti coloriture che può dare l’organo (vera orchestra in chiesa!) – e che organo il “Serassi” di S. Alessandro della Croce a Bergamo! – non è del tutto offeso il senso complessivo dell’intento verdiano.

C’è da chiedersi, innanzitutto, se questa produzione discografica sarebbe mai potuta nascere se l’adolescente delle Roncole di nome Giuseppe fosse riuscito nel suo tentativo di divenire organista titolare della chiesa parrocchiale di Soragna nel 1829 (la sua candidatura venne respinta in quanto considerato troppo giovane e dunque di non provata esperienza): ovvero, avrebbe il promettente giovane musico avuto modo, in seguito, di proseguire ugualmente gli studi a Milano e a divenire quel Verdi operista che oggi conosciamo? Ad ogni modo, non si dimentichi che Verdi fanciullo prese lezioni per quattro anni1 all’organo della chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo alle Roncole (un “Francesco Bossi” costruito nel 1797) proprio da quel Pietro Baistrocchi «Magister parvulorum ac etiam organico»2 di cui divenne pure successore alla di lui morte nel maggio del 1823. Verdi stesso ci ha lasciato a riguardo una piccola cronaca: «La mia maggiore ambizione era allora quella di diventare un giorno il successore del mio maestro, e in tre anni ero giunto in verità al punto di poterlo sostituire, il che riempiva i miei genitori e me di non piccolo orgoglio. Quando mio padre, affinché io ricevessi una migliore istruzione, mi portò a Busseto, ogni domenica mi facevo a piedi la strada per le Roncole per esercitarvi il mio ufficio di organista che, dopo la morte del vecchio Baistrocchi, mi era stato affidato per un compenso di quaranta lire»3.

Questo mio lavoro vuole contribuire ad immergere l’ascoltatore nel mondo della musica di chiesa, organistica in particolare, nel secondo Ottocento in Italia, ove il laicissimo mondo del teatro d’opera riecheggiava senza troppi particolari pii travestimenti: l’opera a messa?! Ebbene sì, una convivenza pressoché pacifica che oggi può certo sembrarci curiosa, benché non mancassero all’epoca i detrattori della musica liturgica “operistica”, forieri di uno stile musicale più severo, più peculiarmente religioso, nel senso di un repertorio che si distinguesse dalla musica “mondana”. Andare a messa a quell’epoca presupponeva l’ascolto di musica organistica in stile schiettamente operistico: durante le sacre funzioni gli organisti usavano improvvisare (o, se ne erano capaci, interpretare trascrizioni edite) su temi tratti da opere di Verdi e di altri autori in voga, ad esempio: Carlo Fumagalli (1822-1907) trascriveva l’aria «Di Provenza il mar, il suol» suggerendone l’utilizzo nientemeno che al momento della Elevazione, oppure Paolo Sperati (1821-1884) trasformava l’aria «Alla vita che t’arride» in un pezzo da suonarsi all’Offertorio. Mutatis mutandis oggi sarebbe come ascoltare nella nostra messa, riformata da un Concilio ecumenico giusto cinquant’anni or sono, poco velati ammiccamenti ai greatest hits del momento (il che potrebbe voler dire, senza mezzi termini, le musichette della pubblicità in tivù o, più sottilmente, la canzone vincitrice dell’ultimo Festival di Sanremo) o, al massimo, alle melodie dei Beatles, ancora oggi universalmente note benché ormai “antiche” di mezzo secolo e passa. Invece all’epoca di Verdi in Italia non vi erano complessi pop/rock, la popular music la faceva veramente il popolo nelle piazze, nei campi, nelle aie: questa musica, veramente, era la musica “volgare” (del vulgus), che non si poteva trasferire in chiesa... ma l’opera, musica popolare d’arte, quella sì! In proposito veramente non possono sussistere paragoni col mondo d’oggi: cosa potrebbe corrispondere oggi in Italia alla musica del teatro d’opera nell’Ottocento? Si trattava di uno spettacolo nel contempo popolare ma culturalmente di spessore... oggi invece quale tipo di spettacolo musicale possiede nel suo intimo entrambi i caratteri della facile godibilità da parte di un vasto pubblico e della nobiltà culturale d’impianto? Spettacolo per vasto pubblico... la televisione?! Direi no: la tivù ha perso presto la sua vocazione educativa!

Ma bando ai filosofeggiamenti, ecco piuttosto un paio di testimonianze letterarie ottocentesche che possono offrire un quadro esemplare di questa pacifica convivenza tra musica operistica e culto divino. Nel secondo capitolo del celeberrimo romanzo Il Gattopardo, il Tomasi di Lampedusa descrive l’arrivo del duca di Salina e dei suoi familiari a Donnafugata. Appena scesi dalle carrozze vengono accolti dalle autorità e poi si recano in chiesa per il canto del Te Deum. Al loro ingresso l’organista «don Ciccio Tumeo, giunto col fiato grosso ma in tempo, attaccò con passione “Amami, Alfredo”». Nella celebre versione cinematografica di Luchino Visconti la scena è riprodotta magnificamente, compreso uno sfiatato organo che suona la famosa melodia... L’altro esempio di come la musica operistica venisse suonata senza troppi scandali anche a messa, ci viene dal racconto Scampagnata, scritto nel 1882 dal toscano Renato Fucini, nel quale è descritto come durante la messa domenicale «tutto il popolo si [prostrasse] in un solenne raccoglimento e l’organo, allargandone il tempo, travestì da adagio maestoso l’allegro del Trovatore “Di quella pira l’orrendo fuoco”» al momento clou della messa: l’Elevazione!

Venendo nello specifico del programma che qui si può ascoltare, a parte il Preludio del Rigoletto, che semplicemente vuole essere una sorta di Toccata avanti la messa4 atta ad introdurci alla potenza espressiva della musica di Verdi, e la Sinfonia de La forza del destino (clicca per ascoltare un'anteprima) che chiude il programma, le rimanenti composizioni sono tratte da opere di argomento o di ispirazione patriottica. Giuseppe Verdi partecipò con vivo interesse alla vita pubblica del suo tempo: fu un patriota convinto, condividendo idealmente i moti risorgimentali. Già nel 1843, un anno dopo il trionfo di Nabucco e cinque anni prima della fatidica rivoluzione del 1848, trasversali intendimenti patriottici vengono palesemente inseriti nell’opera I Lombardi alla prima crociata, in cui la collocazione lombarda, anzi milanese, della vicenda avrà potuto instillare un rafforzamento di valori patriottici negli animi liberali e risorgimentali dell’epoca: ovverosia i cristiani alla conquista del Santo Sepolcro a Gerusalemme stanno al tiranno d’Antiochia in Siria così come le popolazioni padane del Quarantotto stanno agli austriaci occupanti. Ecco, dunque, che la tela, dopo il Preludio orchestrale, si apre su una scena di Introduzione che rappresenta la piazza della basilica di S. Ambrogio in Milano dal cui interno s’irradia «festevole suono»: siamo sullo scorcio del secolo undecimo ed il condottiero Arvino è pronto per condurre i crociati da Antiochia verso Gerusalemme.

In quegli anni del Risorgimento vi fu da parte di Verdi e di molti suoi coetanei, una «quasi indifferente accettazione dei governi assolutisti stranieri»5: infatti, nonostante il compositore appoggiasse idealmente le idee risorgimentali, non fu mai in prima linea nei moti insurrezionali e si può oggi affermare che le prime opere di Verdi (tra tutte Nabucodonosor e I Lombardi) non abbiano fomentato deliberatamente le agitazioni che culminarono nei movimenti rivoluzionari del 18486. E non sorprende che proprio sia Nabucco che I Lombardi siano state dedicate dall’autore a due nobildonne degli Asburgo invasori.

Tornando alla trama di quest’ultima opera, tra gli aspri combattimenti per conquistare prima Antiochia e poi la Città Santa, crociati e pellegrini assieme intonano il famoso coro «O Signore, dal tetto natio ci chiamasti con santa promessa: noi siam corsi all’invito d’un pio, giubilando per l’aspro sentier». I primi, accesi entusiasmi patriottici di Verdi, sostenitore delle idee mazziniane, risalgono al 1848 e il perché ce lo spiega lui stesso: «Io pure, se avessi potuto arruolarmi, non vorrei essere che soldato, ma ora […] bisogna che torni in Francia per impegni e per affari. [Devo] scrivere due opere, [ed inoltre] ho là diversi denari da esigere, e tanti altri in biglietti di banca da realizzare». Intanto nel marzo del 1848 Milano insorgeva contro il dominio austriaco spargendo sangue durante cinque aspre memorabili giornate. In quel momento Verdi ormai dall’anno precedente si trovava a Parigi, ove fece rappresentare la versione in lingua francese, della sua opera I lombardi alla prima crociata sotto il titolo di Jerusalem. Nel gennaio del 1849, poi, al Teatro Argentina di Roma andava in scena La battaglia di Legnano, le cui vicende sono ambientate tra Milano e Como nel 1176 nel contesto delle lotte tra i comuni della Lega Lombarda e l’imperatore Federico Barbarossa. Già all’inizio dell’opera il coro giubila cantando: «[...]Viva Italia, forte ed una, colla spada e col pensier! [...]», ma soprattutto emblematico è il finale della stessa quando il protagonista Arrigo, guerriero veronese di ritorno dalla vittoriosa battaglia combattuta a Legnano contro il Barbarossa, intona una patetica aria «per la salvata Italia» e in fin di vita canta «chi muore per la patria, alma sì rea non ha», mentre l’opera si chiude con il canto solenne del Te Deum per la vittoria riportata contro l’invasore barbaro. A questa storica battaglia, tra l’altro, fa riferimento anche l’inno di Mameli che recita «ovunque è Legnano», a ricordare proprio la vittoria delle popolazioni italiane contro ogni straniero oppressore. Ancora ne La battaglia di Legnano possiamo notare come anche la Preghiera Deus meus, pone illos ut rotam possa essere interpretata come l’invocazione di un popolo contro l’oppressore. Il testo, tratto dal salmo 83 e originale in latino nell’opera (in quanto eco di salmodie che giungono dall’interno di una chiesa milanese), così recita nella versione italiana moderna: «Mio Dio, rendili come un vortice, come paglia che il vento disperde. Come fuoco che incendia la macchia e come fiamma che divampa sui monti, così tu incalzali con la tua bufera e sgomentali con il tuo uragano. Copri di vergogna i loro volti perché cerchino il tuo nome, Signore. Siano svergognati e tremanti per sempre, siano confusi e distrutti; sappiano che il tuo nome è "Signore": tu solo l’Altissimo su tutta la terra». E che dire della strepitosa Sinfonia de La battaglia di Legnano, una delle pagine orchestrali più sapide, benché forse meno conosciute, di Verdi, caratterizzata da un tema marziale a mo’ di fanfara, che lascia spazio anche ad un cantabile intermezzo.

Ma, tempo che giungesse il crollo della Repubblica romana (luglio 1849), ed ecco che non si trovano più commenti politici nelle lettere di Verdi, che intanto abbracciò le idee di Cavour e si convinse che nel Piemonte potesse esserci un fondamento solido alle speranze della nazione. La Seconda Guerra d’Indipendenza contro l’Austria (1859) riaccese l’entusiasmo di Verdi, ma, anche questa volta, egli non se la sentì di arruolarsi, benché venisse eletto nell’Assemblea del Popolo delle province di Parma e Piacenza per l’annessione delle stesse al Regno di Sardegna e pure fece parte della delegazione che portò la decisione a Torino davanti al re Vittorio Emanuele II. Riguardo la reticenza di Verdi ad imbracciare il moschetto, il compositore confidava all’amica Clarina Maffei, nota nobildonna milanese: «Oh, avessi altra salute: sarei [anch’io in prima linea]! [...]. Ma che potrei io fare, che non sono capace di fare una marcia di tre miglia, la testa non regge a cinque minuti di sole [...]. Meschina la natura mia! Buono a nulla!». Tuttavia l’impegno di Verdi per la causa dell’indipendenza italiana fu convinto e generoso: per esempio, aprì una sottoscrizione per i feriti di guerra e anticipò di tasca sua i denari per armare la Guardia Nazionale. Nel frattempo scompare pure la vena patriottica dalle sue opere, benché nel dicembre 1855 a Parma, in occasione della prima esecuzione della versione italiana dell’opera Les Vêpres siciliennes (andata in scena in lingua francese a Parigi il giugno precedente), il possibile riferimento patriottico dell’argomento (ispirato agli storici accadimenti dei cosiddetti Vespri Siciliani del 1282) venne puntualmente reso innocuo con lo spostamento dell’azione scenica dal medioevo di Palermo alla Lisbona del 1640 e con la mutazione del titolo stesso dell’opera in Giovanna di Guzman. Sei anni dopo quella prima de I Vespri siciliani a Parma, l’Italia unita acclamò Giuseppe Verdi deputato tra i quattrocentoquarantatre membri del primo parlamento del Regno.

Completano questa registrazione la sinfonia de La forza del destino (clicca per ascoltare un'anteprima) e la celebre Ave Maria da Otello.

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La copertina: una nota in conclusione sull’immagine in apertura

Sulla sinistra – “la faccia china nell’ombra, con la fronte formidabile nella luce, con la barba sul petto respirante” – Verdi medita. Come una quercia delle Roncole cotta dal sole, lavata dalla pioggia, odorosa di terra, il Maestro si erge in solitaria magrezza, nervoso e solido. È maschio e fiero, severo e finanche dispettoso; con le sue rughe profonde che scavano, i suoi occhi che le sopracciglia spesse ombreggiano. Sulla destra, emersa dal mondo in silenzioso travaglio sotto la crosta di quella fronte superba, c’è “una verità nuova, organata come un essere”. La febbre della creazione ha sconvolto e infiammato la materia del mondo per farne “una cosa viva”, formata “a somiglianza di un’anima entro anelante”. La musica verdiana è “plasmata e riplasmata con forti e grosse mani di rurale, impastata con gli elementi stessi della terra: il bene e il male […], il suo amore e il suo odio, la sua dolcezza e la sua crudeltà, la sua stupidità, la sua indifferenza, la sua pazzia”. Il rovello della mano-radice si àncora alla terra padana che si crepa e la forza ignea della zolla lambisce la canna d’organo che dalla zolla s’innalza superba. Posato sulla bipartizione dell’immagine, il bacio tricolore armonizza – nel deliberato richiamo patriottico – creatore e creatura.

Nata dall’incontro di un’idea di chi scrive con la mano felice di Daniela Benedini e la professionalità di Margherita Allegri e Guido Bazzotti (<www.danielabenedini.it>, <www.margheallegri.com>, <www.3drace.it>), la copertina del cd di Paolo Bottini vibra di suggestioni molteplici: la potenza del busto verdiano di Gemito e l’evocazione dannunziana della sua genesi nello straordinario proemio ai versi In morte di Giuseppe Verdi; il ritratto dell’uomo e del musico nella sapida pagina saviniana di Narrate, uomini, la vostra storia; il ricordo della vocazione organistica del Peppino, bimbo stregato, assai più che dalle professioni e azioni del rito, dalle voci che, tra cuore straziato e pienezza d’inno di gioia del creato, lo chiamavano, musico in erba, dalle tribune delle chiese del parmense. Ed ancora il legame indissolubile con la terra di chi sempre si professò, con fierezza, “paesano delle Roncole”; e gli energici strappi sonori d’una sinfonia dei Vespri Siciliani, sapiente canalizzazione di quell’energia naturale che sa anche distruggere, con forza di terremoto; come pure la nascita di un compositore alla musica mentre un popolo rinasceva all’indipendenza.

L’originalità del disco chiamava l’originalità della sua veste grafica. Il richiamo ha portato a convogliare ispirazioni e talenti diversi. Traccia d’un dialogo costruttivo, oltre che anticipazione visiva di contenuti musicali, la copertina di questo Verdi d’organo dice anche qualcosa circa la straordinaria fecondità, ancora a duecento anni dalla nascita, del seme gettato da un gigante della musica italiana.

Elena Bugini

Cremona, 26 settembre 2013



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LE PATRIOTISME DE JOSEPH-FORTUNIN-FRANÇOIS VERDI

Dans cet enregistrement, effectué à l’occasion du bicentenaire de la naissance de Joseph-Fortunin-François Verdi – Giuseppe Verdi –, vous allez écouter un choix inédit d’œuvres du compositeur italien : il s’agit en effet de morceaux que, originairement conçus pour être exécutés au théâtre par des solistes ou des chœurs avec l’accompagnement d’orchestre, l’organiste crémonais Paolo Bottini a personnellement adaptés pour son instrument.

Après un siècle et demi depuis leur création, les opéras de Verdi continuent à jouer un rôle de grande importance dans le répertoire de l’art lyrique. Visionnaire et politiquement engagé, ce musicien – tout comme Garibaldi ou Cavour – constitue une figure emblématique du Risorgimento, le processus de réunification de la péninsule italienne.

Quand Verdi naît – le 10 octobre 1813, à Roncole, petit village de la Bassa parmense proche de Busseto –, la région de Parme – nommée « Département français du Taro » – est sous domination napoléonienne. Toutefois, il ne faut attendre que quelques mois et, déjà en février 1814, les troupes autrichiennes reprennent le Duché de Parme et Plaisance : la région restera sous le règne de l’archiduchesse Marie-Louise d’Autriche, l’ex-impératrice des Français, jusqu’à la mort de celle-ci en 1847. Pendant les quatre premiers mois de sa vie, Verdi fut donc citoyen français, bien que sa mère – assurément pour protéger ses possibilités de carrière – ait constamment déclaré à son fils qu’il était né le 9 octobre 1814. Tout au long de sa vie, Verdi a ainsi fêté son anniversaire le 9 octobre ; mais son acte de naissance, porté à l’état-civil de la commune de Busseto, est rédigé en français et c’est en français qu’est écrit le véritable prénom enregistré : Joseph-Fortunin-François.

Chez Verdi, le pouvoir mélodique se conjugue aux profondeurs psychologiques et légendaires : c’est pourquoi on estime son œuvre l’une des plus importantes de toute l’histoire du théâtre musical.

Vous pouvez constater avec combien de puissance dramatique l’italien introduit son Rigoletto, chef-d’œuvre musical composé en 1851 en s’inspirant du drame de Victor Hugo Le roi s’amuse : les jeux d’anches du grand orgue de la Trinité expriment avec une force admirable le souci verdien d’annoncer, dès le début, la mort tragique de Gilda, assassinée par erreur, à l’issue de l’action dramatique, par ordre de son père Rigoletto. On repère aisément la racine française du titre de l’opéra ; aisément et avec un sourire amer, car c’est du verbe « rigoler » que le malchanceux ménestrel bossu protagoniste du travail tire son prénom.

Les deux pièces qui suivent font partie des Lombards à la première croisadeI Lombardi alla prima crociata –, œuvre que Verdi écrit, en 1843, pour le théâtre milanais de La Scala.

Le Prélude et l’Introduction de la partition, pour commencer : on est à la fin de l’XI siècle et, à Milan, sur le parvis de la basilique Saint-Ambroise, on entend la joyeuse harmonie de quelques mélodies liturgiques. O Signore, dal tetto natio est la célèbre prière qui suit. « O Seigneur, avec ta sainte promesse tu nous as commandé de quitter notre patrie » : voilà, en traduction française, les mots chantés par le chœur des croisés et des pèlerins lombards. Arrivés à Jérusalem à la suite de la première croisade pour la libération du Saint-Sépulcre, ils prient le Seigneur en se souvenant avec nostalgie de l’air frais, de la nature agréable et de la paix qui caractérisent la plaine du Pô au nord de l’Italie.

Le 29 mai 1176, dans la province milanaise, a lieu la bataille qui inspire l’opéra verdien La battaglia di Legnano. L’affrontement joue un rôle crucial dans la guerre menée par le Saint-Empire romain germanique afin d’affirmer son pouvoir sur les communes de l’Italie septentrionale, unies dans la Ligue Lombarde sous l’égide du pape Alexandre III. En exploitant bien la topographie et en utilisant savamment leurs piques, les troupes lombardes réussissent à vaincre les cavaliers de l’empereur, Frédéric Barberousse. Chez Verdi, l’épisode historique constitue une métaphore de la situation italienne contemporaine : à cette époque du Risorgimento, quand le sentiment national naît et prend force, il soutient en effet le mouvement qui aboutira à libérer la Lombardie du joug autrichien. Le premier des trois moments de La bataille de Legnano ici proposé c’est l’air final du protagoniste Arrigo – qui, héros victorieux mais grièvement blessé, meurt en serrant au cœur l’étendard de la Ligue Lombarde –, suivi du Te Deum solennel que les lombards chantent pour remercier Dieu de la victoire. Deuxième tableau du même opéra, La battaglia di Legnano.

Tandis que Lidia, l’épouse du chef lombard Rolando, prie pour le salut de la patrie, un chœur de moines adresse contre l’empereur Barberousse les mots terribles du psaume 83 : « Mon Dieu, rends-les semblables au tourbillon ; au chaume qu’emporte le vent ! Comme le feu dévore la forêt, comme la flamme embrase les montagnes, ainsi poursuis-les dans ta tempête, épouvante-les dans ton ouragan. Couvre leurs faces d’ignominie ; afin qu’ils cherchent ton nom, Yahweh. Qu’ils soient à jamais dans la confusion et l’épouvante, dans la honte et dans la ruine ! Qu’ils sachent que toi, - ton nom est Yahweh, - tu es seul le Très-Haut sur toute la terre ! ».

Le programme poursuit sur la grandiose ouverture des Vêpres siciliennes, opéra en cinq actes que Giuseppe Verdi compose pour la France. Inspirée d’un événement historique, l’action se situe à Palerme pendant les fêtes de Pâques du 1282 ; mais Verdi travaille à partir du livret d’Eugène Scribe et Charles Duveyrier et la première mise en scène a lieu à l’Opéra de Paris le 13 juin 1855.

Cet enregistrement comprends aussi les symphonies de La battaglia di Legnano et de La forza del destino (clicca per ascoltare un'anteprima) ainsi que la célèbre Ave Maria de Otello.

Elena Bugini

Paris, le 24 janvier 2013

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IF VERDI HAD BECOME TITULAR ORGANIST OF SORAGNA PARISH CHURCH ...

By Paolo Bottini

Opera lovers do please forgive this interpretation of Opera excerpts by Giuseppe Verdi on the organ, interpretation that is, of course, a reduction and adaptation to a solo instrument of a score articulately developed for orchestra, vocal soloists and choirs ... but still conceived by the author on a keyboard (instrument that associates the piano to the organ). I hope therefore the courteous listener will at least admit that, thanks to the considerable colourings offered by the organ (a real orchestra in church!) - and what a great instrument the "Serassi" organ by S. Alessandro della Croce in Bergamo! - the overall sense of Verdi’s intent is not entirely offended.

One has to ask first whether this recording could ever possibly happened if Giuseppe, the teenager from Roncole, had succeeded in his attempt to become organist of Soragna parish church in 1829 (his application was rejected): would the young musician had been able, later on, also to continue his studies in Milan and become the Verdi Opera composer that today the whole world knows? However, do not forget that, during his childhood, Verdi took lessons for four years7 at the organ of the parish church of St. Michael the Archangel in Roncole (a "Francesco Bossi" organ built in 1797) from Pietro Baistrocchi "Magister parvulorum ac etiam organico”8 that Verdi replaced becoming his successor after he died in May 1823. Verdi himself has left us a little record about this: "At that time my greater ambition was becoming my teacher’s successor, and in three years I had come to the point of being able to replace him, which filled my parents and me with no little pride. When my father took me to Busseto, where I could receive a better education, every Sunday I walked down the way to Roncole to practice for my office of organist that, after the death of the old Baistrocchi, I had been offered for a fee of forty liras. "9

This work of mine wants to bring the listener into the world of Church music, organ music in particular, in the late nineteenth century in Italy, where the very secular world of Opera echoed without too many pious disguises: Opera during Holy Mass?! Yes, a peaceful coexistence almost certain that today can seem curious, though at the time there were also detractors of operatic liturgical music, the keepers of a more severe musical style, more peculiarly religious, in the sense of a repertoire that stood out from the profane music. Going to Mass at that time assumed listening to organ music in a bluntly operatic style: during the services organists used to improvise (or to perform, if their technique was good enough, published transcriptions) on themes from Verdi's operas and other authors in vogue.

For example: Carlo Fumagalli (1822-1907) transcribed the air “Di Provenza il mar, il suol” suggesting to use it no less than at the time of the Elevation, or Paolo Sperati (1821-1884) transformed the air “La vita che t'arride” in a piece to be played at the Offertory.

Mutatis mutandis today would be like listening during our Holy Mass, reformed by an Ecumenical Council just fifty years ago, to shortly veiled nods of the greatest hits of the moment (which could mean, in no uncertain terms, the advertising jingle on TV, or more subtly, the winning song of the last Pop Music Festival) or, at most, to the melodies of the Beatles, still universally known although now half a century old.

At Verdi’s time in Italy there were not pop or rock bands but popular music was made ​ by people in the streets, in the fields and farmyards: this music was the real "folk" music, which you could not have in Church ... but Opera, a form of Popular art, that yes! In this regard, there cannot be truly comparisons with today's world, what could match today the music of Italian Opera of the nineteenth century? It was a show at the same time culturally popular and refined ... but what kind of musical show has today both the characteristics of easy enjoyment for the general audience and cultural nobility of the other hand? Entertainment for the general audience ... television?! I would say no: the TV has lost its educational vocation very soon!

Here a few nineteenth-century literary evidence that provides an example of this peaceful coexistence of operatic music and divine worship. In the second chapter of the famous novel Il Gattopardo, Tomasi di Lampedusa describes the arrival of the Duke of Salina and his family to Donnafugata. When they got out of the carriages they were welcomed by the authorities and then went to church for the singing of the Te Deum. On entering, the organist "Don Ciccio Tumeo, that arrived just in time and was breathing heavily, begun to play with passion "Amami, Alfredo ". In Luchino Visconti's famous film version this scene is beautifully reproduced, including a vented organ that plays the famous melody ... The other example of how operatic music was played without too many problems during Mass, comes from the story Scampagnata, written in 1882 by the Tuscan Renato Fucini, where is described that during Sunday Mass "all people [were prostrated] in a solemn meditation and the organ, enlarging the time, disguised in a majestic adagio the allegro of Trovatore air "Di quella pira, l’orrendo foco" during the climax of the Mass: the Elevation!

Coming into the specifics of the program of this recording, apart from the Prelude of Rigoletto, which simply wants to be a sort of Toccata avanti la Messa10 suitable to introduce us to the expressive power of Verdi’s music, and the Simphony of La forza del destino which closes the program, the remaining compositions are taken from works of patriotic topic or patriotic inspiration. Giuseppe Verdi participated with keen interest in the public life of his time: he was a convinced patriot, living ideally the Risorgimento reunification fights. Already in 1843, a year after the triumph of Nabucco and five years before the fateful revolution of 1848, cross-patriotic intentions are clearly included in the work I Lombardi alla prima crociata, in which the story, set in Lombardy and specifically in Milan, will have been able to strengthen patriotic values ​​in the liberals and Risorgimento minds of the time: Christians to conquer the Holy Sepulchre in Jerusalem were to the tyrant of Antioch in Syria as the 1848 populations of river Po were to the Austrian occupants. After the orchestral Prelude, the narration opens on a scene of Introduction representing the square of St. Ambrogio Basilica in Milan from where “a merry sound” was radiating: we are towards the end of the eleventh century and the leader Arvino is ready to lead the Crusaders from Antioch to Jerusalem.

During those years of Risorgimento there was an "almost indifferent acceptance of the absolutist foreigners governments"11 by Verdi and many of his contemporaries: in fact, despite the composer supported ideally the principles of the Risorgimento, he was never at the forefront of riots and we can now say that his first Opera works (particularly Nabucodonosor and I Lombardi) have not stirred "deliberately rebellions that culminated in the revolutionary movements of 1848"12 . And it is not surprising that both Nabucco and I Lombardi have been dedicated to two Habsburg invaders noblewomen.

Returning to the plot of the latter work, during the fierce fighting to conquer Antioch first and then the Holy City, crusaders and pilgrims sing together the famous chorus "O Signore dal tetto natio ci chiamasti con santa promessa: noi siam corsi all’invito d’un pio, giubilando per l’aspro sentier. / O Lord, you called us from the native land with a holy promise: we run to the call of a pious man, rejoicing through the harsh journey".

The first strong patriotic enthusiasm of Verdi, supporting Mazzini's ideas, dates back to 1848 and he explains the reasons himself: "If I could enlist, I would not be that a soldier, but now [...] I must go back to France for commitments and for business. [I] have to write two Operas, [and also] have different fees there to demand, and many others in bank notes to be collected. "Meanwhile, in March 1848, Milan rebelled against Austrian rule shedding blood during five memorable days.

During that period, Verdi was in Paris where he has been living already for one year, where he staged the French version of his work I Lombardi alla prima crociata under the title of Jerusalem.

In January 1849, then, La battaglia di Legnano was performed at the Teatro Argentina in Rome, whose vicissitudes are set between Milan and Como in 1176 in the context of the struggle between the municipalities of the Lombard League and the Emperor Frederick Barbarossa.

Already at the beginning of the Opera the chorus jubilantly sings: "[...] Viva l’Italia, forte e una, colla spada e col pensier / Long life to Italy, strong and united, with the sword and with the thoughts! [...] But most emblematic is the final of the same when the protagonist Henry, a warrior from Verona, returning from victorious battle fought against Barbarossa at Legnano, sings a pathetic air "per la salvata Italia / for the saved Italy” and dying sings " chi muore per la patria, alma sì rea non ha / who dies for his country, hasn’t got a guilty soul " while the work closes with the solemn singing of the Te Deum for the victory against the barbarian invader. The Italian national anthem, among other things, also refers to this historical battle "Ovunque è Legnano / Everywhere is Legnano" to remember the victory of the Italian populations against all foreign oppressors. We can also see that even the Prayer Deus meus, pone illos ut rotam of La battaglia di Legnano can be interpreted as people invocation against their oppressors.

The text, taken from Psalm 83 in the original Latin in the Opera (as an echo of chanting coming from inside a church in Milan), can be translated as follow:

O my God, make them like the whirling dust, like the chaff before the wind! As the fire burns the woods, and as the flame sets the mountains on fire, so pursue them with Your tempest, and frighten them with Your storm. Fill their faces with shame, that they may seek Your name, o Lord. Let them be confounded and dismayed forever. Yes, let them be put to shame and perish, that they may know that You, whose name alone is the Lord, are the Most High over all the earth.

And what can we say about the amazing Symphony of La Battaglia di Legnano, one of the most savoury orchestral pages, though perhaps less known, by Verdi, characterized by a martial theme like a fanfare, which also leaves room to a lyrical interlude.

But with the collapse of the Roman Republic (July 1849) there are no longer political comments in Verdi’s letters, who meanwhile embraced the ideas of Cavour and became convinced that in Piedmont there could be solid foundation for the hopes of the Country. The Second War of Independence against Austria (1859) rekindled the enthusiasm of Verdi, but also this time he did not enlist, although it was elected in the Assemblea del Popolo list in the provinces of Parma and Piacenza for the annexation of these to the Kingdom of Sardinia and also was part of the delegation that took the decision to Turin in front of King Vittorio Emanuele II. Regarding Verdi’s reluctance to take up the musket, the composer confessed to his friend Clarina Maffei, a well known Milanese noblewoman , "Oh, If I had other health [ I would be myself on the front line ] ! [...] . But what could I do, I'm not able to march for three miles, the head does not hold up to five minutes of sunshine [...]. Mean my nature! Good for nothing! “However, Verdi’s commitment to the cause of Italian independence was convinced and generous, for example: he opened a subscription for the war wounded and lent his own money to arm the National Guard. Meanwhile the patriotic vein disappears well from his operas, although in December 1855 in Parma, on the occasion of the first performance of the Italian version of Les vêpres siciliennes (staged in French in Paris the previous June), the possible reference to patriotic theme (inspired by the historical events of the so-called Sicilian Vespers of 1282 ) was duly rendered harmless by moving the action from Palermo of the Middle Age to Lisbon in 1640 and with the change of the title in Giovanna di Guzman.

Six years after that first performance of I Vespri siciliani in Parma, the whole recently united Italy acclaimed Giuseppe Verdi among the four hundred forty-three members of the first parliament of the Kingdom.

[english translation by Vincenzo Scarafile]

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PURCHASE THE C.D “VERDI D’ORGANO”  (euro 16): postaCHIOCCIOLApaolobottini.it


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The cover: a note in conclusion on the opening image

by Elena Bugini

 

 

On the left - "the face down in the shadow, with the formidable front in the light, with the beard on his breathing chest" - Verdi meditates. As an oak from Roncole burned by the sun, washed by the rain, smelling of earth, the Maestro stands in solitary thinness, nervous and solid. He’s male and proud, severe and even spiteful; with his deep wrinkles that dig down, with his eyes shaded by his thick eyebrows.

On the right, emerged from the world in silent work under the crust of that proud forehead, there is "a new truth, alive as a living creature”.

The fever of creation has shocked and inflamed the substance of the world in order to make "a living thing" shaped "in the likeness of a soul yearning inside”. Verdi's music is "shaped and reshaped with the strong and big hands of a peasant, mixed with the same elements of the earth: the good and the bad [...], his love and his hate, his gentleness and his cruelty, his stupidity, his indifference, his madness ". The anger of the hand-root anchors to the land of Po that cracks and the igneous power of the clod touches the organ pipe that rises from the earth with pride.

Laid on the subdivision of the image, the tricolored kiss blends - in a deliberate patriotic recall – the creator and the creature.

Born from an idea of who writes with the skilled hand of Daniela Benedini and professionalism of Margherita Allegri and Guido Bazzotti (www.danielabenedini.it; www.margheallegri.com; www.3drace.it), the cover of Paolo Bottini’s CD vibrates with multiple suggestions: the power of Verdi's bust by Vincenzo Gemito and D'Annunzio’s evocation of his genesis in the extraordinary preface to the verses In morte di Giuseppe Verdi (On the death of Giuseppe Verdi); the portrait of the man and the musician in the savoury page of Alberto Savinio’s “ Narrate, uomini, la vostra storia” (Tell, men, your story); the memory of the organ vocation of Peppino, the child captivated more than by the profession of faith and actions of the sacred rite, by the voices that, between a broken heart and the fullness of a hymn for the joy of creation, called him, still a budding musician, from the galleries of Parma churches. And yet the indissoluble bond with the land of those who always professed himself, proudly, "a countryman of Roncole"; and the energetic tearing sounds of a symphony of the Vespri Siciliani, wise channelling of that natural energy that is also able to destroy, with the same power of an earthquake; as well as the birth of a composer to music while people were reviving to independence.


L’organo “Serassi” (op. 659) della chiesa di S. Alessandro della Croce in Pignolo a Bergamo

a cura di Fabio Galessi [*]

L’organo della Parrocchiale di Pignolo ha da sempre stimolato la curiosità degli studiosi non solo per le sue caratteristiche fonico-costruttive di primissimo ordine, ma pure per la propria particolare collocazione. È noto infatti che la Chiesa di S. Alessandro della Croce fu la Parrocchiale della famiglia Serassi, proprietaria nel Borgo dell’attuale ex Palazzo Stampa, nel quale fu installata per decenni la loro Bottega.

Le origini del primo strumento collocato nella Parrocchiale di Pignolo sono lontanissime: già nel 1575 la relazione della visita apostolica di Carlo Borromeo in S. Alessandro segnala nell’inventario degli arredi sacri «Uno organo quale sopra il pergolo».

Uno scritto del 22 Dicembre 1586 tra la “Scola del santissimo sacramento” ed il signor Ludovico di Rubbi 13 , abitante nel Borgo, autorizza quest’ultimo ad « acconciare e nettare l’organo...» ampliandolo nei bassi fino a mi re ut ed aggiungendo un quarto mantice.

Il 15 Marzo 1613 i deputati del consiglio della Scola stipulano un contratto con Francesco Antegnati, figlio del famoso Costanzo 14 , per la fornitura di un nuovo organo a fronte della somma di «lire mille e cinquanta imperiali di moneta di Bergamo» e del ritiro dell’organo esistente, mantici compresi. L’organo Antegnati subirà lavori di riparazione, a cura di Andrea Fedrigotti 15 nel 1692 e di Michele Carboni 16 nel 1697, ed alcune aggiunte, tipiche della nuova epoca, nel 1717, da parte di Giovanni Antonio Bossi 17 ; i contrabassi, il rosignolo 18 , la cornetta.

Spetta a Giuseppe Serassi, capostipite della famiglia, accrescere l’organo nel 1744, portandolo a sedici piedi ma mantenendo intatto tutto il materiale preesistente; lo strumento è di rilevanti dimensioni per l’epoca e presenta già registri di banda come i tamburi.

Nell’arco di più di un secolo la famiglia Serassi riforma l’organo ben quattro volte: nel 1775 viene inserito l’organo eco. Nel 1803, su progetto di Lodovico Bianchi, viene introdotta la controttava ed ampliata la fonica, ad un punto tale che per decenni l’organo manifesterà gravi problemi di resa acustica per l’angusta collocazione; è in questa data inoltre che il rimanente materiale Antegnati viene definitivamente sostituito.

Nel 1832 viene ampliata la cassa, e forse collocato l’attuale somiere, dalle dimensioni inusuali. Nel 1860 infine viene effettuata una grande «Rinnovazione dell’Organo conservando soltanto le Canne di metallo del vecchio Organo».

Dal 1860 ai giorni nostri l’organo subisce diverse modifiche: alcune leggere, come la sostituzione di registri di concerto con strumenti violeggianti, per assecondare la Riforma Ceciliana, altre piuttosto pesanti come l’eliminazione di tutte le canne sonanti la contr’ottava. Nel 1991 un lungo e complesso lavoro di restauro, basatosi sulla sola analisi del materiale, in quanto la maggior parte della documentazione riguardante lo strumento è stata ritrovata solo nel 1995, in occasione del riordino dell’Archivio Parrocchiale, ha riportato lo strumento nella disposizione fonica del 1860. Il lavoro è stato effettuato con la consueta perizia dalla Bottega Organaria dei F.lli Piccinelli di Ponteranica (Bg).

* * *

L’organo, a trasmissione interamente meccanica, è collocato nel presbiterio dell’altare maggiore in Cornu Evangelii, in un vano, ricavato nella cantoria, di considerevoli dimensioni, ed è racchiuso in una elegante e sobria cassa lignea, coronata alla sommità da un fregio con iscrizione latina (Laudate Deum in chordis et organo) sorretta da due putti.

Il prospetto è a tre scomparti tricuspide dal profilo piatto ed è composto dalle 23 canne del comparto centrale, appartenenti al registro Principale I 8’ bassi, e dalle 10 costituenti i due organetti morti laterali (canne mute) per un totale di 33; la canna maggiore corrisponde al Fa-1 e reca sul retro la scritta Andrea e Giuseppe Serassi 1775. Le bocche delle canne di facciata sono allineate, con labbro superiore a mitria acuta e puntino.

Lo strumento è dotato di due tastiere originali, poste in consolle a finestra, con tasti diatonici ricoperti in osso e cromatici in ebano, di 70 tasti ciascuna (Do-1/La5) con controttava cromatica, la superiore per il Grand’Organo, l’inferiore per l’Organo Eco.

La pedaliera, di nuova fattura, è del tipo orizzontale con tasti lunghi, diritti e paralleli, con prima ottava cromatica; è composta da 24 tasti (Do1-Si2) di cui solo i primi 12 comandano note reali (Do1-Si1). Il corpo dell’Organo Eco è posto a sinistra della consolle in cassa espressiva. I registri del Grand’Organo sono posti a destra della consolle, su due file, con manette spostabili lateralmente ad incastro; quelli dell’Organo Eco sono a sinistra, sempre su due file, ma del tipo a pomelli estraibili ad incastro. I comandi dei registri sono finemente intagliati, ed impreziositi da decorazione in osso posta alla sommita’. La divisione bassi/soprani è tra Si2 e Do3.

La disposizione fonica è la seguente:

Grand’Organo (II)

22 Terzamano 1 Principale 16’ bassi

23 Corni da Caccia 16’ soprani 2 Principale 16’ soprani

24 Cornetto I soprani 3 Principale I 8’ bassi

25 Cornetto II soprani 4 Principale I 8’ soprani

26 Fagotto 8’ bassi 5 Principale II 8’ bassi

27 Tromba 8’ soprani 6 Principale II 8’ soprani

28 Clarone 4’ bassi 7 Ottava 4’ bassi

29 Corno Inglese 16’ soprani 8 Ottava 4’ soprani

30 Violoncello 8’ bassi 9 Ottava 4’ II bassi e soprani

31 Oboe 8’ soprani 10 Duodecima 2’ 2/3

32 Violone 8’ bassi 11 Quintadecima I 2’

33 Flutta 8’ soprani 12 Quintadecima II 2’

34 Viola 4’ bassi 13 Due di Ripieno (XIX e XXII)

35 Clarinetto 16’ soprani 14 Due di Ripieno (XIX e XXII)

36 Flauto in VIII 4’ soprani 15 Due di Ripieno (XXVI e XXIX)

37 Flauto in XII soprani 16 Due di Ripieno (XXVI e XXIX)

38 Voce Umana 8’ soprani 17 Quattro di Ripieno (XXXIII e XXXVI doppi)

39 Voce Umana 4’ soprani 18 Contrabassi I 16’

40 Ottavino 2’ soprani 19 Contrabassi II 16’

41 Bombarda 16’ 20 Basso 8’

42 Tromboni 8’ 21 Ottava 4’

43 Timballi

Organo Eco (I)

44 Principale 8’ bassi 52 Arpone 8’ bassi

45 Principale 8’ soprani 53 Violoncello 8’ soprani

46 Ottava 4’ bassi 54 Violoncello 8’ bassi

47 Ottava 4’ soprani 55 Voce Corale 16’ soprani

48 Quintadecima 2’ 56 Viola 4’ soprani

49 Decimanona 57 Flutta camino 8’ soprani

50 Vigesimaseconda 58 Flauto in Selva 4’ soprani

51 Due di Ripieno (XXVI e XXIX) 59 Violino 4’ soprani

60 Voce Flebile 8’ soprani

Pedaletti Pedaloni

Timballone Ripieno G.O.

Distacco tasto al pedale Combinazione libera G.O.

Unione Tastiere Ripieno Eco

Terzamano al grand’organo Espressione Eco

Corno Inglese 16’ S.

Fagotto 8’ B.

Tutte Ance

I comandi dei registri del Grand’Organo sono collocati a destra della consolle e consistono in manette ad incastro spostabili da destra verso sinistra; i comandi dei registri dell’Organo Eco sono invece collocati a sinistra della consolle e consistono in tiranti ad incastro.

L’unione del tasto al pedale inserisce, oltre alle nota del Grand’Organo corrispondente al pedale suonato, anche la nota della contro-ottava, rafforzando ulteriormente la sonorità della già cospicua basseria. Le canne effettive in totale sono 2777, a cui s’aggiungono le dieci mute. L’accordatura è del tipo a tondo, il temperamento è equabile con corista leggermente crescente. Il vento, prodotto da un nuovo elettroventilatore, viene mantenuto ad una pressione di circa 48 mm di colonna d’acqua da ben nove mantici a cuneo disposti su tre piani diversi.

Particolari curiosità destano in questo strumento l’estensione reale di 8 piedi (tredici canne, Do1-Do2) del registro Timballi, che solitamente i Serassi costruivano sulla base dei 6 piedi, partendo cioè dal Fa1, e l’inusuale collocazione del registro Timballone, sei canne in legno di 12 piedi, poste orizzontalmente sotto il soffitto della cassa. Anche l’ottavino ha una collocazione particolare; è posto orizzontalmente sotto il trasporto di facciata, ed inserito con un meccanismo simile a quello utilizzato nei somieri a tiro (stecca forata).

Il somiere del Grand’Organo, viste le non comuni dimensioni (417x151 cm), è diviso in due parti, affiancate “in opera”; è del tipo a vento con 34 canali (+ 2 per una metà del somiere), e 32 pettini. Quello dell’Organo Eco è anch’esso diviso in due parti ma poste l’una dietro l’altra con rispettivamente 34 canali e 12 pettini la parte anteriore (soprani) e 24 canali e 9 pettini la parte posteriore (bassi). I somieri ausiliari sono ben 14.

Lo strumento è stato restaurato nel 1991 dalla Bottega Organaria Cav. Emilio Piccinelli e Figli di Ponteranica (BG).

[*] Scheda pubblicata nel volume: AA.VV. Organi Storici della Provincia di Bergamo, collana Monumenta Bergomensia LXIX, edito dalla Provincia di Bergamo nel 1998.

* * *

1Vedi M . J. Phillips-Matz, Verdi, il grande gentleman del piacentino, Banca di Piacenza, Piacenza 1992, p. 156.

2«Maestro dei fanciulli e pure organista», così definito, in latino, da certo don Arcari, parroco delle Roncole ai tempi di Baistrocchi; cfr. M . J. Phillips-Matz, Ibidem, p. 41.

3Verdi intervistato dal giornalista tedesco A. von Winterfeld (probabilmente nel 1881, come supposto da Marcello Conati in Verdi. Interviste e incontri, EDT, Torino 2000, p. 146); cfr. M . J. Phillips-Matz, Ibidem, p. 41.

4Così Girolamo Frescobaldi intitola un breve pezzo di natura toccatistica ad apertura di ciascuna delle tre messe per organo solo della sua raccolta Fiori musicali (1635).

5Cfr. Antonio Rostagno in Giuseppe Verdi: l’uomo, l’opera, il mito, a cura di F. Degrada, Catalogo della mostra, Milano, Palazzo Reale, 17 novembre 2000 / 25 febbraio 2001, Skira, p. 150.

6Cfr. Julian Budden in Giuseppe Verdi: l’uomo, l’opera, il mito cit., p. 180.

7

See M . J. Phillips-Matz, Verdi, il grande gentleman del piacentino, Banca di Piacenza, Piacenza 1992, p. 156.

8

«Master of the choristers and also organist», definition given in latin by don Arcari, vicar of Roncole parish church during Baistrocchi time; see M . J. Phillips-Matz, Ibidem, p. 41.

9

Verdi interviewed by German journalist A. von Winterfeld (probably in 1881, as supposed by Marcello Conati in Verdi. Interviste e incontri, EDT, Torino 2000, p. 146); see M . J. Phillips-Matz, Ibidem, p. 41.

10

So Girolamo Frescobaldi entitled a short piece of virtuosistic nature opening each of the three masses for organ solo in his music collection Fiori Musicali (1635).

11Antonio Rostagno into Giuseppe Verdi: l’uomo, l’opera, il mito, a cura di F. Degrada, Catalogo della mostra - Milano, Palazzo Reale - 17 novembre 2000 / 25 febbraio 2001, Skira, p. 150.

12Julian Budden into ibidem, p. 180.

13 Ludovico Rubbi, organista di S. Antonio. Cinque anni prima è impegnato nella costruzione di un organo nel Monastero di Astino. «Nel 1581 l’abate Callisto Solari, del Monastero del Santo Sepolcro di Astino della congregazione benedettina vallombrosana, permuta “un organaccio” proveniente dalla chiesa della Badia di Muleggio di Vercelli con uno nuovo commissionato a Ludovico Rubbi […] per scudi cento venti d’oro. […] Il nome dell’organaro Rubbi riconferma l’esistenza di un’attività artigianale locale di costruzione d’organi, attività di cui sappiamo poco o nulla, ma che certamente si diffonde un po’ ovunque nei piccoli centri, in grado di soddisfare le esigenze di manutenzione ordinaria e di costruzione di piccoli organi positivi o portativi» [cfr. Giosuè Berbenni Lineamenti dell’organaria Bergamasca dal secolo XV al secolo XVIII, in “Atti dell’Ateneo di Scienze, Lettere e Arti”, Bergamo, vol. LIII, anno accademico 1991-1992, La Stamperia di Gorle (BG), gennaio 1994, p. 360; cfr. inoltre: Ricerca storica manoscritta di Maddalena Maggi].

14 In quell’anno ancora vivo, ma già seriamente ammalato di apoplessia (morirà nel 1624).

15 «I Veronesi Fedrigotti appartengono ad una famiglia di organari di possibile origine trentina. Capostipite è Giovanni Andrea (1600-c.1682), […] Seguono il figlio Giovanni Pietro ed un certo Giovanni (Antonio o Pietro) con cui cessa l’attività della famiglia» [cfr. Berbenni, Lineamenti cit., p. 370]. Loro lavori documentati nella Bergamasca sono segnalati nelle chiese di Gorlago e Tagliuno [cfr. Berbenni, Lineamenti cit., p. 370].

16 «Verso la fine del secolo piuttosto attivi sono i Carboni di Milano, nelle persone di Stefano e del figlio Michele, famiglia di organari che eredita l’attività dei Valvassori. La loro figura attende uno studio che ne approfondisca l’opera. Costruiscono l’organo della Parrocchiale di Trescore nel 1696 e di Bonate Inferiore di cui però manca la datazione. È segnalata la loro presenza […] nella chiesa di Borgo S. Caterina in Bergamo. Sempre a Trescore costruiscono l’organo della chiesa in contrada Canton» [cfr. Berbenni , Lineamenti cit., pp. 370-371].

17 Giovanni Antonio Bossi (1680-1748), figlio di Gabriello, i quali, trasferitisi a Bergamo ad inizio secolo XVIII, provenienti da Como, daranno vita ad una delle più celebri botteghe organarie d’Italia. Per notizie sulla famiglia Bossi vedasi: Pier Maria Soglian, I Bossi “Fabbricatori d’Organi” in Bergamo, Nuova Rivista Musicale Italiana, ERI Edizioni Rai, Roma, XII (1978), n. 3, pp. 367-383.

18 Si tratta di canne “ad anima” che suonano con l’estremità immersa in una vaschetta d’acqua, ad imitazione del cinguettio degli uccelli. È un registro di provenienza nordica. Si veda a tal proposito l’influenza dell’organaro Hermans (autore dell’organo del Duomo di Como nel 1650) sugli organari Lombardi in generale e sui Bossi in particolare; cfr. Raffronto tra l’organo Hermans del Duomo di Como (1650) e l’organo Bossi del Duomo di Bergamo (1728) in Berbenni , Lineamenti cit., pp. 423-426.



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RECENSIONI

Graziano Fronzuto [?] su Musica-Classica.it/forum:
Nella sua fiammeggiante grafica -un po' sconcertante devo dire- è giunto nelle mie mani il CD "VERDI D'ORGANO" inciso con la sua consueta perizia artistica dall'amico Paolo Bottini. Tutto è minuziosamente studiato e ben calibrato, nulla sfugge alla meticolosa preparazione di ogni singolo brano su un organo a dir poco adattissimo al repertorio. La musica si tesse con facilità e la popolarità dei brani aiuta a comprenderne l'adattamento eseguito all'organo dall'artista. Lo consiglio senza riserve per passare momenti indimenticabili di puro gusto musicale, con gli sfavillanti registri di un grande organo Serassi del 1861, coevo all'apice del successo del Maestro. Un'arditezza grafica "bifronte" sorprenderà gli ascoltatori, ma solo al primo istante. Poi prevale l'ascolto, che raccomando sentitamente con le sue innumerevoli sorprese!

Frédéric Muñoz su ResMusica.com:
La commemorazione del bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi festeggiato nel 2013 ci riserva ancora una particolare sorpresa: passi operistici eseguiti dall'organista italiano Paolo Bottini su un organo "Serassi" del 1861 (l'opera 659 della celeberrima casa organaria di Bergamo) coevo alle musiche registrate in questo c.d. per la casa discografica italiana "Bongiovanni". Per chi frequenta il repertorio operistico di quest'epoca, forse il passaggio dall'orchestra all'organo potrebbe sembrare facile, tanto che queste macchine musicali non furono concepite che per imitare nientemeno che l'orchestra. Si può dunque parlare di organo orchestrale o teatrale, dotato sia di registri imitanti quasi alla perfezione gli strumenti d'orchestra (ottavino, corno inglese, fagotto, flauto traverso) sia di accessori diversi (grancassa, piatti, campanelli, timpani etc.). Non è certo facile per un organista destreggiarsi su tali macchine musicali, a livello di sapiente mescolamento e alternanza di sonorità: ciò richiede studi severi e la frequentazione di trattati dell'epoca che racchiudono i segreti per il miglior utilizzo di questi organi. Da Rossini a Verdi l'orchestra romantica italiana sviluppa colori e atmosfere che in questo c.d. si ritrovano in pieno: questo grazie al notevole lavoro svolto da Paolo Bottini. Ed è sorprendente ritrovare, in queste versioni organistiche della musica di Verdi, similitudini con le composizioni originali per organo di organisti-compositori all'epoca celebratissimi quali Padre Davide da Bergamo e Vincenzo Antonio Petrali: sfumature, cantabilità, drammaturgia teatrale così cara a Verdi. Paolo Bottini, pure autore di queste trascrizioni-adattamenti, suona la musica di Verdi in maniera magistrale, mettendo in primissimo piano la musicalità. Si passa, così, di colpo dall'altare al palcoscenico, come nella prima parte de La battaglia di Legnano (1849)... mozzafiato! L'azione è viva, i vari timbri si succedono repentinamente e con un brio incredibile. Si nota insomma che l'organo è sfruttato a fondo nelle sue molteplici potenzialità, il tutto grazie anche ad espedienti meccanici che nello strumento permetto di cambiare molto rapidamente registrazione, facilitando in questo modo l'azione dell'organista. In altri brani di carattere cantabile, poi, si possono ascoltare dei registri solistici come il flauto o il corno inglese, veramente di una bellezza unica ed ineguagliabile. Altro momento eccezionale è l'ouverture de La forza del destino (1863) in cui ancora una volta tutta l'anima verdiana s'esprime, sprigionando idee e passi divenuti ormai celebri, tanto da essere a volte ripresi dal cinema italiano relativo al secolo XIX. E congratulazioni a Paolo Bottini per il suo modo di suonare vivido, pregnante e ispirato. La bellissima presa del suono, infine, a cura di Federico Savio conferma la totale riuscita di questo album. L'organo ancora non ha finito di sorprenderci...


VERDI (RI)SALE IN CANTORIA
Estratti da opere di Giuseppe Verdi
trascritti ed interpretati all'organo da
Paolo Bottini

Un originale concerto d'organo per il bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi
(1813-2013)