Cantico dei Cantici

14 quadri organistici di Paolo Bottini

Un c.d. “Fugatto” (novembre 2012)

 

Paolo Bottini

all'organo “Lingiardi” (1865) di Croce S. Spirito

bottini cd cantico 400x400

 

 

Il testo, la lettura, la musica

Quante ombre fasciano, come un sudario, il cuore dell’Innamorata nel Cantico dei Cantici? “Sì, tenace come Morte è Amore”, recita il Cantico quasi in chiusura; e così riassume il senso di quella che, in molti snodi, più che una gioiosa lode alla potenza costruttiva sviluppata dall’Eros, è angosciato lamento di fronte a distruttive “vampe di fuoco” che neppure “acque immense […] potranno / estinguere” (8, 6c-7a) .

Tutta bella sei / amica mia / in te non c’è difetto” (4, 7), rassicura l’Amato; “Vengo nel mio giardino / sorella mia sposa / colgo la mia mirra / col mio balsamo / mangio il mio favo” (5, 1). E la bellezza del suo inno alle bellezze dell’“amica” – tra “occhi colombe”, labbra come “nastro di porpora”, “spicchio di melograno” della fronte sotto il velo, torre davidica del collo e seni “cerbiatti / gemelli di gazzella / pascolanti tra le rose” (4, 1-5) – è tale da far chinare lo sguardo, tra compiacimento e tenerezza, anche alla più tremebonda e ritrosa fanciulla. L’estasiato poeta che si manifesta, però, è anche capace del crudo eclissarsi nel ripiegamento individualistico: “Il re” che ha concesso alla “nera […] e splendente” di “entrare nel suo talamo” (1, 4-5) è colui che, dopo aver bussato lusinghiero di promessa (“Aprimi / sorella mia / amica mia / colomba mia / perfetta mia / il mio capo / è pieno di rugiada / i miei riccioli / di gocce della notte”; 5, 2), sparisce (“il mio amore / è scomparso / è andato oltre!”; 5, 6) e pare non curarsi degli strapazzi subiti dalla grazia delicata che gli appartiene (“Mi trovano le guardie / che girano la città / mi percuotono / mi feriscono / da me tolgono / il mio mantello / le guardie delle mura”; 5, 7). “Shelomóh” (3, 7&9) – forse perché meno giovane della “Shulammìyth” (7, 1), forse soltanto perché uomo – sembra procedere nel rapporto amoroso con la maggior sicurezza che gli dà una certa levitas: sa assaporare il piacere dei sensi con labbra voraci (“Questa tua statura / assomiglia alla palma / i tuoi seni ai grappoli. / Io dico: / Voglio salire sulla palma / afferrare i suoi grappoli! / E mi siano i tuoi seni / come grappoli di vite! […] il tuo palato / come vino il più buono […]”; 7, 8-10) e non ha troppa voglia di “scottarsi” per eccesso d’inebriamento, prendendo, a tempo debito, le debite distanze (“Volgi da me i tuoi occhi / mi sconvolgono!”; 6, 5a).

Le espressioni della “bellissima tra le donne” (1, 8), invece, tradiscono sovente il profondo, mortifero turbamento della rapinosità spossessante di un innamoramento ancora lungi dalla certezza del dono reciproco. Fragile “come rosa tra i cardi” (2, 2), l’”amica” (1, 15) canta l’inquietudine con un’intensità che rende struggente anche il suo allentarsi: nella pace donata dall’ombra fiorita di un melo (2, 3) è sciolta la malinconia del timore che quello concesso dall’Amato non sia che lo spazio breve di un’apertura di cuore che subito si richiude. È Lei che conosce, prima ancora della frenesia della ricerca di chi si nasconde, l’ansia dell’attesa (“Voce dell’amor mio! / Eccolo, viene. / Con gioia corre sui monti / saltando sulle colline: / simile è l’amor mio / ad antilope e a cerbiatto. / Eccolo, / sta dietro il nostro muro / guardando dalla finestra / osservando con occhi scintillanti / dalle inferriate”; 2, 8-9), nutrendo entrambe del terrore dell’abbandono (“Lo afferro / e non lo lascerò / finché non lo avrò fatto entrare / in casa di mia madre / nel talamo di colei / che di me fu incinta”; 3, 4; “Voi io scongiuro / figlie di Yerushalaiym / per le gazzelle / o per le cerve del campo: / non svegliate / non risvegliate Amore / se non vuole”; 2, 7 e 3, 5 e 8, 4). Solo Lui – l’Atteso, il Ricercato – è per Lei il conforto del riposo, la certezza della gioia e la speranza del futuro. Lucciola incantevole e scaccia-paura che dissolve gli sciami sepolti nel petto cui il buio stende le ali, la lettiga di “Shelomóh” si arma “contro il terrore nelle notti” con le sessanta spade d’altrettanti prodi (3, 7): “[…] allora io sarò ai suoi occhi / come colei che ha trovato pace” (8, 10). E se il presente vissuto “nella casa del vino” (2, 4) danza come polline a primavera, il desiderio del frutto estivo è la forza che trascina l’oggi a mutarsi in domani: “Nel giardino del noce scendo / per vedere questo alveo / tra verdi frutti / per vedere se mette fiori / questa vite / se fioriscono questi melograni” (6, 11); “[….] vediamo / se questa vite fiorisce / se s’aprono i teneri suoi fiori / se sbocciano i melograni” (7, 13). Il sogno estivo dell’Innamorata si vena però di tutta la violenza di una speranza, ché non c’è certezza né di grappolo né di vino: “La mia vigna, la mia / non ho custodita!” (1, 6); “Per noi / prendete le volpi / le volpi piccoline / che devastano vigne, / le nostre vigne / in fiore!” (2, 18).

I quattordici quadri sonori che questo disco raccoglie sono il personalissimo dono, licenziato in musica, di un uomo ispirato dalla personalissima lettura del Cantico dei Cantici a lui dedicata dalla donna destinataria del suo omaggio. Della lettura femminile – più attenta all’inquieto stordimento di Lei che all’euforica ebbrezza di Lui –, la traccia musicale maschile rieccheggia distintamente, risuonando però, altrettanto distintamente, delle note piene di luce d’una quotidianità concretamente vissuta a due. Riscattando in felpato astuccio che porta il sole il nero tempo andato, questa musica vuole comunicare, e donare, a chi l’ascolta l’impressione complessiva di un’alba che, vena rossa e bruciatura di cauterio, si dischiude su una stagione, piena d’aria e tepore, conquistata scacciando dal corpo l’umida oscurità della terra, lottando contro le gelate d’aprile e vincendo la ruggine di ogni primavera fallita sotto ingenerosi cieli di peltro.

*

1. Come un sigillo

Chi [è] costei che sale dal deserto / appoggiata all’amor suo?” (8, 5): declama la certezza di un legame saldo il Ripieno, affermativo nello squillo dei suoi blocchi accordali. “Mettimi / sigillo / sul cuore / sigillo / sul tuo braccio” (8, 6ab): l’amuleto appeso al collo, quel nome marchiato sotto la pelle danno la forza, sin la gioia, di affrontare la corsa di ciò che non resta e, con sé, cancella tutto quanto coinvolto nella sua corsa. Il rapido succedersi dei giorni, degli eventi – il fugato sussurrato di Principale e Ottava, sapido di vitali sbavature, dissonanze lievi e rumoreggianti catenacciature –, epiloga comunque nel precipitarsi verso la pienezza d’Ance d’un accordo finale: la preghiera dell’Innamorata è stata ascoltata (“La sua sinistra / sotto il mio capo / e mi abbracci / la sua destra”; 2, 6 e 8, 3) e, dopo tanto viaggiare, l’Amato è la terraferma su cui s’innalza – solida e aromatica, quanto i fusti di un bosco secolare (“Travi di casa i cedri / nostro arredo i cipressi”; 1, 17) – la casa che accoglie e protegge.

2. Di corsa, attraverso il bosco

Il pigolante saltellare del Flauto in ottava, vivace ma non lieto, suggerisce, più che la gioia di Lui che corre sui monti (2, 8-9), l’ansia di Lei che sente la minaccia dalla tenebra annidata nella vegetazione. Come presagendo il cupo richiamo di forre e sottobosco, ad un tratto, in effetti, il pigolìo accelera, agile però evitando passi falsi e cadute. Le canne della Viola bassi – la memoria del mormorìo delle foreste, da cui gli archi prendono corpo, di cui risuona lo spessore dei loro armonici – non arrestano tuttavia la loro minaccia se non quando la fine della corsa dell’Amato pone fine all’ansia dell’Innamorata.

3. Chiaro d’aurora

Chi è costei che dall’alto sorge / come Aurora / bella / come la Bianca [luna] / lucente / come l’Ardente [sole] / ammirevole / come esercito di stelle?” (6, 10). Principale di 8’ e Flauto in ottava, con le aggiunte progressive di Principale di 16’, Flutta, Ottavino e Fagotto bassi, evocano l’espressione gentile di un astro nascente e il profondo benessere che suscita la sua visione: come si apre una finestra, al mattino, al sorriso del sole, ancora tutti infreddoliti, sonnacchiosi e stiracchievoli, ma già colmi di lietezza e gratitudine per il primo cenno di tanto splendore.

4. Il respiro del mio giardino

Svegliati Tsefòn, / vieni Themàn! / Fai respirare il mio giardino / emanino i suoi balsami” (4, 16a). La Flutta sola turbinella in un soffio garbato che scombina i capelli e fa sorridere, tanto porta luce e lietezza. Primavera. Alternandosi e rincorrendosi sulla tastiera alla ricerca di un un unico vento, le mani s’appalsano due nel gustoso sberleffo finale.

5. Un esercito di stelle

La fanfara che, ritmata da Rollante e Ance tutte, scandisce la marcia d’uno schieramento di legionari diventa fughetta, più ammiccante e meno fragorosa, di Corni dolci e Fagotto: è poi davvero così terribile questa epifania delle seduzioni femminili (“Bella tu, amica mia / come Tirza / splendente / come Yerushalàiym / ammirevole / come esercito di stelle”; 6, 4)? Emerge, oltre la terribilità del primo impatto, la possibilità di schermaglie scherzose e tenere, necessaria premessa alla complicità del quotidiano. Il suono unico finale dei Corni dolci soli lancia il suo richiamo, efficace quanto inatteso, alla distesa soluzione del rapporto di coppia.

6. Più d’ogni aroma di mercante

È forte, nel Cantico, l’impatto dei profumi d’Oriente che, per la più parte spezie da cucina, seduttive al solo suono, instradano la fantasia del neòfita occidentale verso i paesi dove nasce il sole. “[…] cipro con nardo / nardo e zafferano / cannella e cinnamomo / con tutti gli alberi d’incenso / mirra ed aloè / con tutto il capo di balsami!” (4, 13-14): sono i deliziosi profumi della celebre evocazione della fanciulla del Canticum Canticorum come hortus conclusus, poi canonico attributo mariano dell’esegesi cattolica. Altrove, nel testo poetico, sono le fragranze della flora di contorno che si richiamano (le viti in fiore di 2, 13, piuttosto che le favolose mandragole di 7, 14), ma la scia aromatica pertiene precipuamente al fascino della “Shulammìyth” (7, 1): “Chi è costei che sale dal deserto / come un tralcio di vite / profumante mirra e incenso / più di ogni aroma di mercante?” (3, 6). Eppure, colei il cui stesso ombelico è “coppa rotonda / cui mai mancherà vino aromatico“ (7, 3) è, dei due protagonisti del Cantico, la più esposta e vulnerabile agli effetti rapinosi della vertigine e del deliquio dell’innamoramento (“Sostenetemi con focacce d’uva / ridatemi vigore con mele / poiché d’amore malata, io sono”; 2, 5), anche proprio quando il delirio transita per la via olfattiva: “Sì, più buoni del vino / i tuoi amori / all’olfatto i tuoi oli sono buoni / olio che spande profumo / il tuo nome” (1, 2-3). Spetta alle spirali di suono della Viola sola, su cui entrano – quasi rispondendo ad un richiamo, ma rimanendo irrimediabilmente indietro – i Corni dolci, suggerire il carattere irresistibile, e inquietante, della seduzione: treccia odorosa di esotici profumi che, per giri progressivi e in modo inesorabile, imprigiona chi ama come in una tela di ragno.

7. Bambini felici

Dietro di te attirami, / [insieme] corriamo!” (1, 4). Sull’ostinato di Ottava bassi e Viola bassi, l’Ottavino, acuto e rapidissimo, canticchia ariette birichine che sanno della felicità infantile d’un giro di giostra. Linguacce, risate. Bellezza del giocare assieme. Durante la corsa innocente, il tocco casuale apre – nel turbamento – il cielo: assetata d’azzurro come un aquilone, la melodia si arresta sull’acuto di un suono unico, luccicante come una stella. Il saggio è un bambino felice.

8. Primo vere

Nel precipitare di cromatismi del Principale di 16’ soprani e della Voce umana, si sente un rovello che, a tratti, si sbroglia: s’intuisce, tra le lacrime, il desiderio di passar oltre; come quando ci si risolleva da una caduta accennando i primi sorrisi, quasi con paura, ma con una gran voglia che diventino risate. “Sì! Ecco / l’inverno è passato / cessata è la pioggia / i fiori si vedono sulla terra / è giunto il tempo del canto / e s’ode la voce della tortora / nella nostra terra / il fico ha maturato / le gemme dei primaticci / e le vigne in fiore danno profumo” (2, 11-13). Lentamente insinuandosi nella notte dell’inverno, la primavera fa luccicare gocce di rugiada: mentre, annunciato dai tocchi della campana lontana, il sole sorge, i Campanelli distillano lucòri di perla ch’inghirlandano il ritorno della bella stagione.

9. I tuoi passi nei sandali

Flutta e Cornetto, sopra l’accompagnamento delle tre note intonate, con rotonda insistenza, dal Clarone bassi, sciolgono il bel piede femminile al più indiavolato carosello. Inserita in contesto che già danza (“Che cosa contemplerete con gioia / nella Shulammìyth / mentre danzate in due schiere?”; 7, 1), la danza della sposa di Lébanon si allarga nella stupita e stupenda evocazione delle straordinarie bellezze di Lei sublimata dall’arte, tra torniture e rotondità: “Quanto si fan più belli / i tuoi passi nei sandali, / o nobilissima / anelli opera di mano d’artista / le rotondità delle tue cosce / il tuo ombelico / coppa rotonda / cui mai mancherà vino aromatico / cumulo di frumento circondato da anemoni / il tuo ventre / i tuoi seni / due cerbiatti gemelli di gazzella / il tuo collo / torre d’avorio / i tuoi occhi / laghetti di Hesbòn / presso porta di città popolosa / il tuo naso / torre di Lébanon / vigile verso Dammashéq / il tuo capo su di te / come il Karmél / la chioma del tuo capo / come porpora scarlatta” (7, 2-6).

10. Insonnia

Alba di un sole nero: “Sul mio letto / le notti / ho cercato / l’amore dell’anima mia. / L’ho cercato e non l’ho trovato” (3, 1). Nonostante la promessa di una visita vespertina (“Quando il giorno respira / e si allungano le ombre / a te io verrò / al monte della mirra / alla collina dell’incenso”; 4, 6), è già notte fonda e Lui ancora non compare. Oppure si manifesta e dilegua: “Io ero assopita, / e il mio cuore si svegliò: / voce dell’amor mio che bussa: / Aprimi / sorella mia / […]. / Io, mi alzo io / per aprire all’amor mio / e le mie mani stillavano mirra / le mie dita mirra fluente / sulle maniglie del chiavistello. / Io, apro io / all’amor mio / ma il mio amore / è scomparso / è andato oltre! […] / Lo cerco e non lo trovo / lo chiamo / e non risponde” (5, 2-6). Il Principale di 8’ bassi dilaga lenta, ma inesorabile, l’oscurità; sopra s’eleva, stridulo come giallo su blu, il Principale di 16’ soprani unito alla Tromba di 8’: tagliente e severo, come il grido di un profeta di sciagura. Il lungo accordo finale in maggiore apre sul risveglio dall’incubo: non è più notte di veglia inquieta, ma giorno di gioia piena dacché, incoronato dalla madre, l’Amato si prepara alle nozze (3, 11).

11. Miraggio nel meriggio

Quello di Lei, è furioso e infinito cercare, per senso d’esclusione e lontananza, non solo nelle notti desolate, ma anche negli assolati meriggi: “Rivela a me / o amato dell’anima mia / ove vuoi pascolare / ove nel meriggio posare! / Perché dovrei essere come velata / presso i greggi / dei tuoi compagni?” (1, 7). Stride il Flauto in ottava nel registro acutissimo: un chiodo si pianta, improvviso, in una conduttura sottile; sottile e continua, attraversa il deserto arido una vena d’acqua in fuga. Ma, anche nel generoso moltiplicarsi dei getti, persiste il senso tormentoso dell’arsura e della sete. Il dolore è un prato bruciato che basta una goccia a sottrarre all’abbandono. Dalla strozzatura e dalla siccità, il miraggio dell’acqua.

12. Dalla rupe nascosta

Magma sonoro ascendente con fatica e con momenti di ricaduta: l’Amato lotta con la notte dell’Amica per stanare la luce. “Colomba mia / nelle caverne della roccia / nel nascondiglio della rupe / fammi vedere il tuo aspetto / la tua voce fammi ascoltare. / Sì, gioiosa la tua voce / splendente il tuo aspetto” (2, 14). Nella rincorsa finale, come prendendo coraggio, ai Corni dolci s’aggiunge la voce chiara d’un crescendo di Flauti e s’acclarano un motivo di filastrocca infantile e lo sciabolare giocoso di spade giocattolo.

13. Ninna nanna

Stremata dalle mattane euforiche e dalle tristezze mortali del dì, una bimba molto amata s’addormenta, sulla spalla salda del suo amore, al canto dolce del Corno inglese sul Principale di 8’ bassi: “Vieni amor mio / usciamo verso il campo / tra i [fiori di] cipro pernottiamo. / […] / Là ti darò i miei amori” (7, 12-13).

14. Della gioia sempre nuova la danza

Flutta e Ottavino su Ottava bassi (e Rollante), muovono liete le loro danze antiche, e sempre nuove: nell’incanto del tramonto di maggio profumato di tigli, la rondinella barcollante di festa muta sempre, ma è sempre lei. Vissuta insieme la prima alba (brace che ha bruciato la cappa della notte intessuta di fantasmi notturni) e il primo giorno (traversato da freddo, silenzio e stanchezza, combattuti stringendosi, parlandosi e sostenendosi), si arriva lieti, come uccelli del cielo, al canto del tramonto: “Con me dal Lébanon / o sposa / con me dal Lébanon / verrai, / scenderai dalla cima dell’Amanah / dalla cima del Seniyr e dell’Hermon / dalle tane dei leoni / dai monti dei leopardi” (4, 8); “Torna, torna / Shulammiyth / torna, torna / e gioiremo contemplando te!” (7, 1).

Testo di Elena Bugini

Traduzione italiana dello šîr haššîrîm di Flavio Bedodi

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Words, Interpretation and Music

How many shadows wrap, like a shroud, the Bride’s heart in theSong of Songs? "For Love is as strong as Death"reads theSongtowards its conclusion, and sosummarizes the meaning of what, in many points, more than a joyful praise to the constructive power developed byEros,is a distressed lament in front of destructive"Flames of fire"that even "many waters [...] cannot quench"(8, 6c-7a).

"Thou art all fair, my love; / there is no spot in thee"(4, 7), reassures the Bridegroom,"I am come into my garden, my sister, my wife: / I have gathered my myrrh with my spice; / I have eaten my honeycomb " (5,1). And the beauty of his hymn to the beauty of  his "love"– with"doves’ eyes"lips as"scarlet thread", brow under the veil as "slice of pomegranate", neck as the tower of David and two breasts as"two young roes that are twins, / which feed among the lilies" (4,1-5) – is such to make drop the eyes, with pleasure and tenderness, even to the most reluctant and trembling girl.

The ecstatic poet,however, is alsocapable of a hard slip away, shrinking into a selfish behaviour:"The King"that allowed the"black [...] and shining"to"enter into his chambers"(1, 4-5) is the one who, after making flattering promises ("Open to me, my sister, my love / my dove, my undefiled: / for my head is filled with dew / and my locks with the drops of the night",5, 2), disappears ("but my beloved has withdrawn himself, and was gone", 5,6) and doesn’t seem to care about the abuses suffered by the delicate grace that belongs to him("The watchmen that went about the city found me, / they smote me, they wounded me; / the keepers of the walls took away my veil from me.", 5,7)."Solomon" (3,7 & 9) – perhaps because older than "Shulamite"(6,13), perhaps only because he is a man – seems to behave with bigger confidence in the love relationship and this gives him somelevitas: he knows how to enjoy the pleasures of senses with voracious lips("This thy stature is like to a palm tree / and thy breasts to clusters of grapes. / I said, I will go up to the palm tree / I will take hold of boughs thereof/ now also thy breasts shall be as clusters of the vine, [...] and the rooth of thy mouth like the best wine [...] ",7, 7-10) and not too willing to "burn" for excess of intoxication, taking in due course, the appropriate distances("Turn away thine eyes from me / for they have overcome me!",6, 5a).

The expressions of the"fairest among women"(1, 8), however, often betray the deep, deadly disturbance of the depriving fury of a love still far from the certainty of mutual giving.Fragile"as the lily among thorns"(2, 2) the"fair one"(1, 15) sings the inquietitude with an intensity that makes its loose aching: in the peace given by the shade of an apple tree (2, 3) is dissolved the melancholy of fear that, what is offered by the Beloved is just a short opening of his heart, that immediately closes.It is She who knows, even before the frenzy of the search of that who is hiding, the anxiety of waiting("The voice of my beloved! / Behold, he cometh leaping upon the mountains / skipping upon the hills: / My beloved is like a roe or a young hart: / behold, he standeth behind our wall, / he looketh forth at the windows, / showing himself through the lattice",2, 8-9), feeding both with the terror of abandonment("I held him, and would not let him go, / until I had brought him into my mother's house, / and into the chamber of her that conceived me",3, 4;"I charge you, O ye daughters of Jerusalem, / by the roes, and by the hinds of the field, / that ye stir not up, nor awake my love, / till he please",2, 7 and 3, 5 and 8, 4).  He – the Awaited one, the Desired one – is for Her the only comfort of rest, the certainty of joy and hope for the future. A charming firefly and fear caster that dissolves the swarms buried in the breast to which the dark stretches its wings, the litter of"Salomon"equips itself"against terror in the night" with sixty swords of many valiant men (3, 7):"[...] then was I in his eyes as one that found favour"(8, 10).And if the present spent "in the house of wine"(2, 4) dances like pollen in spring, the desire of the summer fruit is the power that drives today to turn into tomorrow:"I went down into the garden of nuts / to see the fruit of the vally, / and to see whether the vine flourished / and the pomegranates budded"(6, 11);"[....] let us see if the vine flourish, / whether the tender grape appear, / and the pomegranates bud forth"(7, 12). The Bride’s summer dream is darkened by the violence of a hope, as there is no certainty of cluster neither of wine:"but my own vineyard, have I not kept"(1, 6);"Take us the foxes, the little foxes, that spoil the vines: / for our vines have tender grapes"(2, 15).

The fourteen musical pictures collected in this disc are a very personal gift, licensed in music, of a man inspired by a very personal reading of theSong of Songsdedicated to him by the woman recipient of his gift. Of the female reading – more interested to the inquiet turbament of Her that to the euphoric thrill of Him – the music tracks distinctly masculine echoes, ringing, however, equally clearly, notes full of light of a daily routine concretely lived in two. Redeeming the dark time long gone through a plush pouch that carries the sun, this music wants to communicate, and donate to those who listen, the overall impression of a sunrise that, like red vein and burn of cautery, unfolds on a season full of air and warmth, conquered expelling from the body the damp darkness of the earth, fighting against the frosts of April and winning the rust of every spring failed under ungenerous skies of pewter.

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1.As a seal

"Who [is] this that cometh up from the wilderness / leaning upon her beloved?"(8,5): the Ripieno declaims the certainty of a stable relationship, affirmative in the ring of his chord blocks."Set me as a seal upon thine heart, / as a seal upon thine arm"(8, 6ab): the amulet hanging on the neck,thatname marked under the skin give the strength, and joy, to face the rush of what never stops and, with it, delete everything involved in its run.The rapid succession of the days, of the events – the whispered fugato of Principale and Ottava, rich of bright blunders, mild dissonances and roaring transmissions –, closeshoweverin the rush towards the fullness of reeds of a final chord: the Bride’s prayerhas been heard("His left hand is under my head, / and his right hand doth embrace me",2, 6 and 8, 3) and, after much travel, the Beloved is the land on which rises – strong and aromatic, as the trunks of century-old wood("The beams of our house are cedar, / and our rafters of fir",1, 17) – the home that welcomes and protects.

2.Running, through the forest

The chirping hopping of the Flauto in ottava, lively but not happy, suggests, more than the joy of Him running on the hills (2, 8-9), the anxiety of Her thatfeelsthe threat nested in the vegetation by the darkness. Almost prefiguring the dark appeal of ravines and underbrush, suddenly, in fact, the peeps get faster, agile but avoiding missteps and falls.The pipes of the Viola bassi – the memory of the murmur of the forests, from which the strings come to life, which echoes the thickness of their harmonics – don’t interrupt their threat until the end of the Beloved’s run puts an end to the Bride’s anxiety.

3.Dawn light

"Who is she that looketh forth as the morning, / fair as the moon, clear as the sun / and terrible as an army with banners?"(6, 10). Principale di 8’ and Flauto in ottava, with the progressive additions of Principale di 16’, Flutta, Ottavino and Fagotto bassi evoke the gentle expression of a rising star and the deep wellness that its vision provokes: as when opening a window, in the morning, at the sun’s smile, still feeling cold, sleepy and little stretchy, but already full of gladness and gratitudefor the first glimpseof such splendour.

4.The breath of my garden

"Awake, o North wind, / and come, thou South;/ blow upon my garden, / that the spices thereof may flow out" (4,16a). The Flutta moves alone in a gentle breath that messes up the hair and makes you smile, for it brings light and gladness.Spring. Switching and chasing each other on the keyboard looking for a single wind, the hands appear two in the final tasty sneer.

5.An army of stars

The fanfare that, rhythmically measured by the Rollante and all Reeds, marks the march of an array of legionnaire becomes a fughetta, more alluring and less loud, of Corni Dolci and Fagotto: is it really so terrible this epiphany of female seduction("Thou art beautiful, O my love, as Tirzah, / comely as Jerusalem, / terrible as an army with banners";6, 4)? Comes out, besides the fear of the first impact, the possibility of playful and tender skirmishes, a necessary premise to the complicity of everyday life. The final sound of the Corni dolci pipes alone launches its call, as effective as unexpected, to the calm solution of the couple relationship.

6. With all powders of the merchant

It is strong, in theSong,the impact of flavours of the East that, mainly cooking spices, already seductive for their sound, bring the imagination of the Western neophyte in the land where the sun rises."[...] camphire with spikenard, / spikenard and saffron; / calamus and cinnamon, / with all trees of frankincense; / myrrh and aloes, / with all the chief spices"(4, 14) are the delicious fragrances of the famous evocation of the girl in theSongashortus conclusus,afterwards canonical Marian attribute in the Catholic exegesis. Elsewhere, in the poem, we find the fragrances of flora which refer to each other (the vines in blossom of 2, 13, rather than the fabulous mandrakes 7, 14), but the aromatic scent belongs primarily to the charm of "Shulamite"(7, 1),"Who is this that cometh out of the wilderness like pillars of smoke, / perfumed with myrrh and frankincense, / with all powders of the merchant?” (3,6).Yet, the one whose navel is "round goblet, which wanteth not liquor"(7,2), is, among the two protagonists of theSong,the most vulnerable and exposed to the enthralling effects of dizziness and fainting for falling in love ("Stay with me flagons, / comfort me with apples: / for I am sick of love",2, 5), even when the delirium passesthrough the nose route:"for thy love is better than wine. / Because of the savor of thy good ointments / thy name is as ointment poured forth"(1, 3). The sound spirals of the Solo Viola on which – like in response to a call, but hopelessly behind – the Corni dolci enter, must suggest the compelling and irresistible character of seduction: a scented braid of exotic perfumes that, progressively and inexorably, imprison the lover, like in a spider web.

7.Happy children

"Draw me, we will run after thee"(1, 4).On the ostinato of Ottava bassi and Viola bassi, the Ottavino, high and very fast,sings naughty ariette that taste of the childish happiness of a carousel round.Tongues, laughter. The beauty of playing together. During the innocent run, the casual touch opens – in agitation – the sky: thirsty of blue like a kite, the melody stops on the high pitch of a single sound, shining like a star.The wise man is a happy child.

8.Spring

In the hasten of chromatic passages of Principale di 16' and Voce Umana, you hear a rage that, at times, unravels. You can perceive, in tears, the desire to go over; as when one raises from a fall showing the first smiles, almost with fear, but with a great will to transform them in laughter."For, lo, the winter is past, / the rain is over and gone; / the flowers appear on the earth; / the time of the singing of the birds is come, / and the voice of the turtle is heard in our land; / the fig tree putteth forth her green figs, / and the vines with the tender grape give a good smell" (2,11-13).Slowly creeping in the night of winter, spring is shimmering dew drops: while the sun rises, as announced by a bell ringing in the distance, the Campanelli stop release pearl’s lights that adorn the warm season return.

9.Your feet in sandals

The Flutta and Cornetto, above three notes played, with round insistence, by the Clarone bassi, bring the beautiful feminine foot to the most devilish carousel. Inserted in a context that already dances (“What will ye see in the Shulamite? / As upon a dance before two armies?” 6, 13) the dance of the Bride of Lebanon grows in the surprised and gorgeous evocation of the incredible beauty of Her sublimated by art, with smooth shapes and curves: “How beautiful your feet in sandals, noble daughter!/ The joints of thy thighs are like jewels, / the work of the hands of a cunning workman. / Thy navel is like a round goblet, which wanteth not liquor: / thy belly is like a heap of wheat set about with lilies. / Thy two breasts are like two young roes that are twins. / Thy neck is as a tower of ivory; / thine eyes like the fishpools in Heshbon, / by the gate of Bath-rab’bim: / thy nose is as the tower of Lebanon / which looketh toward Damascus. / Thine head upon thee is like Carmel, / and the hair of thine head like purple (7, 2-6).

10. Insomnia

Dawn of a black sun: "By night on my bed I sought him whom my soul loveth / I sought him, but I found him not" (3, 1). Despite the promise of an evening visit ("Until the day break, / and the shadows flee away, / I will get me to the mountain of myrrh, / and to the hill of frankincense", 4, 6), it is already late night and He still does not arrive. Or he comes and disappears: "I sleep, but my heart waketh: / it is the voice of my beloved that knocketh, saying, / Open to me, my sister / [...]. / I rose up to open to my beloved; / and my hands dropped with myrrh, / and my fingers with sweet smelling myrrh, / upon the handles of the lock. / I opened to my beloved; / but my beloved has withdrawn himself, and was gone: [...] / I sought him, but I could not find him; / I called him, but he gave me no answer" (5, 2-6). The Principale di 8’ bassi spreads slowly, but inexorably, the darkness; above it rise, shrill as yellow on blue, the Principale di 16' soprani with the Tromba di 8’: sharp and severe, like the cry of a prophet of disaster. A long final major chord concludes the piece, like when waking up from a nightmare: it’s no more a sleepless night of worries, but a day of joy when, crowned by his mother, the Beloved gets ready for his wedding (3, 11).

11. Mirage in the afternoon

She experiences a furious and endless search, for a sense of exclusion and distance, not only in the desolate nights, but also on sunny afternoons: "Tell me, O thou whom my soul loveth, where thou feedest, / where thy makest thy flock to rest at noon: / for why should I be as one that turneth aside / by the flocks of thy companions?" (1, 7). The Flauto in ottava squeals in its piercing high register: a nail gets fixed, suddenly, in a narrow pipe; thin and continuous, a vein of running water traverses the arid desert. But, even in the generous proliferation of water jets, there is still the nagging sense of scorching heat and thirst. Pain is a burned lawn that a single drop could save from abandonment. From the restriction and drought, the mirage of water.

12. From the hidden cliff

A magma of sounds ascending with effort and moments of relapse: the Beloved fights with the night of his Friend to drive out the light: "O my dove, that art in the cleft of the rock, / in the secret places of the stairs, / let me see thy countenance, / let me hear thy voice; / for sweet is thy voice, / and thy countenance is comely" (2, 14). In the final run, as taking courage, Corni Dolci are added to the clear voice of a crescendo of Flutes, while a nursery song and the playful noise of toy swords appear.

13. Lullaby

Exhausted for the euphoric extravagances and melancholy of the day, a girl very much loved falls asleep, in the strong arms of his beloved, to the sweet melody of the Corno inglese on Principale di 8' bassi: "Come, my beloved / let us go forth into the field / let us lodge into the villages. / [...] / There will I give thee my loves" (7, 12-13).

14. The dance of ever new joy

The Flutta and Ottavino on Ottava bassi (and Rollante), happily move their ancient and ever new dances: in the enchanting sunset of May fragrant of linden trees, the drunk swallow always changes, but is always the same. After sharing together the first sunrise (fire that burned down the pall of the night full of ghosts) and the first day (filled by cold, silence and fatigue, fought hugging, talking and holding each other), you end up with gladness, like the birds of the sky, to the song of sunset: "Come with me from Lebanon, my spouse, / with me from Lebanon: / look from the top of Ama’na / from the top of Shenir and Hermon, / from the lions’ dens, / from the mountains of the leopards" (4, 8), "Return, return o Shulamite, / return, return that we may look upon thee!" (7, 1).

Text by Elena Bugini

Quotes from The Holy Bible, King James Version (2000)

English Translation by Vincenzo Scarafile

In this page Paolo Bottini plays "Il respiro del mio giardino"

* * *

Les mots, l’interprétation, les sons

Combien de linceuls assombrissent le cœur lumineux de l’Amoureuse dans le Cantique des Cantiques ? « Oui, l’Amour est fort comme la Mort » affirme le poème presque à sa conclusion ; et ainsi il résume son sens de plainte angoissée pour la force dévastratrice des « ardeurs de feu », inextinguibles même par « les grandes eaux » (8, 6c-7a), bien plus que de joyeuse louange à la puissance créatrice d’Eros.

« Tu es toute belle / mon amie / et il n’y a point en toi de défaut » (4, 7), rassure l’Aimée ; « J’entre dans mon jardin / ma sœur, mon épouse / je cueille ma myrrhe / avec mon baume / je mange mon rayon de miel » (5, 1). Et son hymne aux beautés de l’« amie » – les « yeux-colombes », les lèvres comme un « ruban pourpre », « un quartier de grenade » le front derrière le voile, « la tour de David » du cou et les seins « faons / jumeaux d’une gazelle / qui paissent au milieu des roses » (4, 1-5) – est tellement beau qu’il arrive à convaincre et conquérir même la fille la moins assurée et la plus fuyante. Toutefois, le poète qui se montre en chantant son extase est aussi le cruel charmeur qui se cache en se repliant sur lui même : « Le roi » qui a permis à la « noire […] et belle » d’« entrer dans son lit » (1, 4-5) est exactement le même « bien-aimé » prometteur (5, 6) qui disparaît après avoir frappé à la porte (« Ouvre-moi / ma sœur / mon amie / ma colombe / ma parfaite / ma tête / est couverte de rosée / mes boucles / sont pleines des gouttes de la nuit » ; 5, 2) et qui semble ne pas s’intéresser aux violences adressées à la grâce fragile qui lui appartient (« Les gardes qui font la ronde dans la ville / m’ont rencontrée / ils me frappent / ils me blessent / ils enlèvent mon manteau / les gardes des murs » ; 5, 7). « Salomon » (3, 7&9) – soit parce qu’il est peut-être moins jeune que la « Sulamithe » (7, 1), soit simplement parce qu’il est un homme – semble progresser dans le rapport de couple avec la sureté supérieure qui lui donne une certaine levitas : il goûte avec voracité les plaisirs des sens (« Ta taille / ressemble au palmier / tes seins à des grappes. / Je dis : / C’est mon désir de monter sur le palmier / d’en saisir les grappes ! / Que tes seins soient pour moi / comme les grappes de la vigne ! […] ta bouche / comme le vin plus savoureux […] » ; 7, 8-10) et, n’ayant trop d’envie de trop brûler d’amour, il s’éloigne quand il le faut (« Détourne de moi tes yeux / ils me troublent ! » ; 6, 5a).

Bien au contraire, les mots de « la plus belle des femmes » (1, 8) dévoilent souvent le trouble anéantissant de celle qui se donne entièrement avec la profonde incertitude d’être comblée des dons d’un amour vraiment partagé. Frêle « comme une rose au milieu des chardons » (2, 2), l’« amie » (1, 15) chante son inquiétude si intensément qu’on est touché même quand le tumulte s’apaise : le charme offert par l’ombre fleurie du pommier (2, 3) se voile de la peur de perdre tout à coup l’ouverture soudaine du cœur de l’Aimé. C’est Elle qui connaît, même avant la quête effrénée de celui qui se cache, l’anxiété de l’attente (« C’est la voix de mon bien-aimé ! / Le voici, il vient. / Il court joyeusement sur les montagnes / bondissant sur les collines : / mon bien-aimé est semblable / à l’antilope et au faon des biches. / Le voici, / il est derrière notre mur, / il regarde par la fenêtre / les yeux brillants il observe / par le treillis » ; 2, 8-9); et c’est bien Elle qui nourrit autant l’attente que la quête avec la terreur d’être abandonnée (« Je le saisis / et je ne le délaisse point / jusqu’à ce que je l’aie amené / dans la maison de ma mère / dans la chambre de celle / qui m’a conçue » ; 3, 4 ; « Je vous en conjure / filles de Jérusalem / par les gazelles / ou par les biches des champs : / ne réveillez pas / ne réveillez pas l’Amour / avant son désir » ; 2, 7 & 3, 5 & 8, 4). Seulement Lui – l’Attendu, le Recherché – c’est pour Elle le confort du repos, la certitude de la joie et l’espérance du futur. Luciole ravissante qui dissout les fantômes ténébreux et effrayants, la litière de « Salomon » s’arme des épées de soixante preux « en vue des alarmes nocturnes » (3, 7) : « enfin je serai à ses yeux / comme celle qui a trouvé la paix » (8, 10). Et si le temps présent vécu « dans la maison du vin » (2, 4) danse comme le pollen printanier, l’envie du fruit estival est la force qui entraîne l’aujourd’hui a devenir le lendemain : « Je descends au jardin du noyer / pour voir la verdure / de la vallée / pour voir / si la vigne pousse / si les grenadiers fleurissent » (6, 11) ; «  […] nous verrons / si la vigne pousse / si la fleur s’ouvre / si les grenadiers fleurissent » (7, 13). Le rêve d’été de l’Amoureuse est cependant troublé, car le raisin et son jus fermenté sont dans l’incertitude : « Ma vigne, à moi / je ne l’ai pas gardée ! » (1, 6) ; « Prenez-nous / les renards / les petits renards / qui ravagent les vignes, / les vignes à nous / qui sont en fleur » (2, 15).

Ce disque recueille quatorze tableaux sonores : il s’agit du don en musique d’un homme à la femme qui l’a inspiré en lui lisant le Cantique des Cantiques. Plus attentive à l’envoûtement inquiet de l’Amoureuse qu’aux ivresses euphoriques de l’Aimée, la lecture féminine a assurément laissé sa trace dans les morceaux musicaux. L’interprétation masculine résonne pourtant des notes pleines de lumières d’une vie concrètement partagée tous les jours : le noir passé y devient le coffret de velours qui porte l’or du soleil et l’aube, rouge comme le sang et la brûlure d’un cautère, y est la porte ouverte sur une saison finalement tiède et pleine d’air qu’on a conquise en chassant du corps l’obscure humidité de la terre, en luttant contre les verglas d’avril et en ôtant la rouille des printemps que les cieux trop gris ont fait faillir.

*

1. Comme un sceau

« Qui [est] celle qui monte du désert / appuyée sur son bien-aimé ? » (8, 6) : le Ripieno déclame la certitude d’un lien solide en retentissant de groupes d’accords. « Mets-moi / comme un sceau / sur le cœur / sceau / sur ton bras » (8, 6ab) : l’amulette pendue au cou, ce nom marqué sous la peau donnent la force, voire la joie d’affronter la course de tout ce qui passe et qui, dans sa course, efface toute chose. La succession rapide des jours et des événements – le fugué de Principale et Ottava qui murmurent et s’enrichissent de la vitalité des dissonances légères et des petits bruits – se termine quand même dans la galopade vers la plénitude des Anches de l’accord final : la prière de l’Amoureuse a été exaucée (« Que sa main gauche / soit sous ma tête / et que sa droite / m’embrasse ! » ; 2, 6 e 8, 3) et, après la fatigue d’un si long voyage, l’Aimée est la terre ferme sur laquelle la maison qui accueillit et protège se dresse sûre et agréable (« Les solives de notre maison sont des cèdres /
nos lambris sont des cyprès »
 ; 1, 17).

 

2. À toute vitesse, à travers le bois

Le Flauto in ottava, qui pépie et sautille avec vivacité mais sans bonheur, suggère l’appréhension de Celle qui ressent les dangers cachés dans l’obscurité de la végétation beaucoup plus que la joie de Celui qui court sur les monts (2, 8-9). Tout à coup, comme en s’apercevant du péril des ravins et du sous-bois, le cuicui accélère, mais il ne perd pas d’agilité et d’adresse. Les tuyaux de la Viola bassi – porteurs du souvenir des forêts bruissantes qui donnent leur corps aux instruments à cordes – n’arrêtent pourtant d’attiser l’angoisse de l’Amoureuse qu’à la fin de la course de l’Aimée.

3. Lueurs de l’aurore

« Qui est celle qui s’arbore et se déploie / comme l’Aurore / nacrée / comme la Blanche [lune] / dorée / comme le Scintillant [soleil] / éblouissante / comme une cohorte d’étoiles ? » (6, 10). Principale di 8’ et Flauto in ottava – auxquels s’ajoutent progressivement Principale di 16’, Flutta, Ottavino et Fagotto bassi – esquissent la naissance délicate d’un astre et le bien-être accompli donné que la clarté qui s’avive et s’offre au regard fait ressentir. C’est ainsi que, chaque matin, on ouvre les fenêtres au sourire du jour : le froid et le sommeil de la nuit nous habitent encore, mais notre cœur se comble tout de suite de félicité et gratitude.

4. Le souffle de mon jardin

« Lève-toi Aquilon, / viens Autan ! / Soufflez sur mon jardin / et que les parfums s’en exhalent » (4, 16a). La Flutta solo est le vent gentil qui, en portant lumière et bonheur, décoiffe et fait sourire : c’est le printemps. En s’alternant et en jouant à se poursuivre sur le clavier, les mains esquissent des tourbillons aimables qui prennent plaisamment congé en se faisant la nique.

5. Éblouissante comme une cohorte d’étoiles

La fanfare qui, rythmée par le Rollante et les Anches, bat la mesure d’une troupe romaine qui avance se transforme en petite fugue des Corni dolci et du Fagotto, moins solennelle et sonore : l’étalage des envoûtements féminins est vraiment si terrible (« Tu es belle, mon amie / comme Thirtsa / admirable / comme Jérusalem / éblouissante / comme une cohorte d’étoiles » ; 6, 4) ? Après l’effroi « sacré » des premiers effleurements, les joutes badines qui rendent possible la complicité du quotidien se montrent tendrement. En terminant la pièce sur un son unique, les Corni dolci donnent au couple le signal, aussi efficace qu’inattendu, d’une détente des rapports.


6.
Plus que tous les aromates des marchands

Dans l’air du Cantique, on perçoit souvent le souffle chaud et parfumé d’aromates orientaux aux noms séduisants qui acheminent la fantaisie du néophyte occidental vers les pays du lever du soleil. « […] le troène avec le nard / le nard et le safran / le cannelier et le cinnamome / avec tous les arbres qui donnent l’encens / la myrrhe et l’aloès / avec tous les principaux aromates » (4, 13-14) : voilà les parfums exquis qui tournent dans la fameuse évocation de la protagoniste du Canticum Canticorum en tant qu’hortus conclusus, attribution mariale typique de l’exégèse catholique. Le poème exalte fréquemment la qualité odoriférante de la nature qui fait le contexte (les vignes en fleur à 2, 13, plutôt que les féeriques mandragores à 7, 14), mais c’est notamment au charme de la « Sulamithe » (7, 1) qu’appartient le halo aromatique : « Qui est celle qui monte du désert / comme un rameau de vigne / parfumée des vapeurs de myrrhe et d’encens / plus que tous les aromates des marchands ? » (3, 6). Pourtant, c’est exactement cette fille charmante, dont même le nombril est « une coupe arrondie / où le vin parfumé ne manquera jamais » (7, 3), qui se révèle la plus exposée et la plus vulnérable au périlleux vertige de l’emportement (« Soutenez-moi avec des gâteaux de raisins / fortifiez-moi avec des pommes / car je suis malade d’amour » ; 2, 5) ; emportement amoureux qui emprunte volontiers les voies des délices olfactives : « Oui, tes amours sont plus savoureuses que le vin / tes parfums ont une odeur suave / ton nom / est un parfum qui se répand » (1, 2- 3). La Viola solo d’abord et les Corni dolci après – en répondant à l’appel de la Viola, mais en retardant toujours – suggèrent, avec les spirales de leurs sons, la marque irrésistible et obsédante de la séduction, tresse vaporeuse qui enveloppe et emprisonne inexorablement celui qui aime comme une toile d’araignée.

7. Enfants ravis

« Entraîne-moi après toi, / nous courons [ensemble] ! » (1, 4). Sur la basse contrainte d’Ottava bassi et Viola bassi, l’Ottavino, aigu et très rapide, fredonne des mélodies espiègles qui rappellent le bonheur des enfants au carrousel : chamailleries, éclats de rire ; beauté de jouer ensemble. Pendant la course effrénée, les mains se touchent par hasard : c’est le frisson qui ouvre le ciel. Assoiffée d’azur comme un cerf-volant, la musique s’arrête sur une note aiguë, luisante comme une étoile. Le savant n’est qu’un enfant heureux.

8. Primo vere

Les parcours chromatiques descendants du Principale di 16’ soprani et de la Voce umana suggèrent les larmes tout comme le désir de les dépasser : après une chute, on a presque peur d’ébaucher un sourire, mais on a déjà envie d’éclats de rire. « Oui ! Voici, / l’hiver est passé / la pluie a cessé, elle s’en est allée / les fleurs paraissent sur la terre / le temps de chanter est arrivé / et la voix de la tourterelle se fait entendre / dans nos campagnes / les bourgeons revêtent le figuier / et les vignes en fleur exhalent leur parfum » (2, 11-13). Le printemps s’insinue lentement dans la nuit de l’hiver et fait luire la rosée : le soleil se lève annoncé par la cloche qui sonne au loin et les Campanelli enguirlandent de perles étincelantes la belle saison qui fait son retour.

9. La danse de tes pieds chaussés

Sur le rond et pressant continuo du Clarone bassi, c’est le carrousel endiablé du beau pied féminin que Flutta et Cornetto crayonnent. Au cœur d’un tableau dansant (« En contemplant la Sulamithe / quoi vous remplira d’une radieuse stupeur / pendant votre danse de deux chœurs ? » ; 7, 1), la danse de l’épouse du Liban s’élargit et s’exalte dans les ensorcelantes sinuosités d’un portrait artistique ému et émouvant : « Que tes pas sont plus beaux / dans tes sandales, / ô très noble fille / comme anneaux d’un maître orfèvre / les rondeurs de tes cuisses / ton nombril / est une coupe arrondie / où le vin parfumé ne manquera jamais / ton corps est un tas de froment / entouré d’anémones / tes seins / deux faons jumeaux d’une gazelle / ton cou / comme une tour d’ivoire / tes yeux / les étangs de Hesbon / près de la porte de la ville très peuplée / ton nez / la tour du Liban / qui regarde du côté de Damas / ta tête est élevée / comme le Carmel / et tes cheveux / sont comme la pourpre écarlate »  (7, 2-6).

10. Insomnie

Un soleil noir se lève : « Sur ma couche / pendant les nuits / j’ai cherché / celui que mon cœur aime. / Je l’ai cherché, et je ne l’ai point trouvé » (3, 1). Malgré sa promesse d’une visite au soir (« Quand le jour se rafraîchit / et les ombres s’allongent / je serai avec toi / à la montagne de la myrrhe / à la colline de l’encens » ; 4, 6), la nuit est déjà tombée et Lui, l’Aimé, il n’est pas là. Ou bien il se volatilise juste après une fuyante épiphanie : « J’étais endormie, / et mon cœur se réveilla : / c’est la voix de mon bien-aimé qui frappe : / Ouvre-moi / ma sœur / […]. / Je me suis levée / pour ouvrir à mon bien-aimé / et de mes mains a dégoutté la myrrhe / de mes doigts, la myrrhe répandue / sur la poignée du verrou. / J’ai ouvert / à mon bien-aimé / mais mon bien-aimé / s’en était allé / il avait disparu ! […] / Je le cherche et je ne le trouve pas / je l’appelle / et il ne me répond point » (5, 2-6). Tandis que le Principale di 8’ bassi évoque les ténèbres qui se répandent lentes et inexorables, le Principale di 16’ soprani et la Tromba di 8’, frappant comme le jaune sur le bleu, crient à l’instar d’un prophète de malheur. La pièce se termine pourtant sur un prolongé accord en majeur : le lever du soleil efface le cauchemar de la veille, car l’Aimé, couronné par sa mère, s’apprête aux noces (3, 11).

11. Mirage caniculaire

Elle se sent exclue et éloignée : c’est pourquoi l’Amoureuse, inlassable bien qu’égarée, talonne l’Aimé alors qu’il déserte les nuits tout comme les jours brûlés par le soleil : « Dis-moi / ô toi que mon cœur aime / où tu fais paître tes brebis / où tu les fais reposer à midi ! / Pourquoi aurais-je à me cacher d’un voile / près des troupeaux / de tes compagnons ? » (1, 7). Le Flauto in ottava grince dans son registre très aigu : il nous semble qu’un clou se plante dans une conduite fine et qu’une fuite d’eau, mince mais continue, traverse l’aridité du désert. Les flots se multiplient généreux ; le tourment de la soif ardente ne passe pourtant pas. Une goutte d’eau suffit au refleurissement du verger que la douleur semble avoir flétri et stérilisé : ce sont l’étranglement et la sécheresse qui font surgir le mirage de l’eau.

12. Du rocher caché

Magma de sons qui ont du mal à monter et qui tombent souvent : l’Aimé lutte contre la nuit de l’Amoureuse pour en faire ressortir la lumière. « Ma colombe / qui te tiens dans les fentes du rocher / qui te caches dans les parois escarpées / fais-moi voir ta figure / fais-moi entendre ta voix. / Oui, ta voix est musique de joie / et ta figure est lumière pleine » (2, 14). Crescendo final, comme pour prendre courage : l’ensemble des Flauti, qui s’ajoutent petit à petit aux Corni dolci, donne voix à une comptine animée par le bruit gai d’épées-jouets se croisant sur le fond.

13. Berceuse

Euphories et mélancolies, intensément vécues pendant le jour, l’ont épuisée : l’enfant tant aimée s’endormit dans les bras forts de son amour. Sur l’accompagnement du Principale di 8’ bassi, le Corno inglese lui chante doucement : « Viens mon amour / sortons dans les champs / endormons nous sur la tendre câlinerie des aromates [en fleur]. / […] / Là je te donnerai mes amours » (7, 12-13).

14. Un bonheur de danse qui se renouvelle sans cesse

Soutenus par Ottava bassi et Rollante, la Flutta et l’Ottavino bassi meuvent gaiement les pas pleins de fraîcheur d’un ancien ballet : dans le crépuscule de mai que les tilleuls embaument, l’hirondelle fofolle danse depuis toujours la fête de son ivresse. Après avoir vécu ensemble la première aube (la braise qui a enflammé la sombre cape des peurs réveillées par le sommeil) et le premier jour (traversé par le froid, le silence et la fatigue qu’on a affrontés en se serrant, en dialoguant et en se soutenant), les amoureux arrivent ravis au soir et ils chantent leur bonheur comme les oiseaux du ciel : « Avec moi du Liban / ma fiancée / avec moi du Liban / tu viendras, / tu descendras du sommet de l’Amana / du sommet du Senir et de l’Hermon / des tanières des lions / des montagnes des léopards » (4, 8) ; « Reviens, reviens / Sulamithe / reviens, reviens / et te mirer sera notre bonheur à nous » (7, 1).

Texte : Elena Bugini

Traduction italienne du šîr haššîrîm : Flavio Bedodi

(Traduction en français : Marguerite Des Rafales)



Le morceau que vous écoutez à pour titre "Il respiro del mio giardino"

RECENSIONI E COMMENTI

«Cantico dei Cantici
. Quattordici quadri organistici»: Come un sigillo; Di corsa, attraverso il bosco; Chiaro d’aurora; Il respiro del mio giardino; Un esercito di stelle; Più d’ogni aroma di mercante;
 Bambini felici; Primo vere; I tuoi passi nei sandali; Insonnia; Miraggio nel meriggio; Dalla rupe nascosta; Ninna nanna; Della gioia sempre nuova la danza 


Paolo Bottini all’organo “Lingiardi” (1865) di Croce S. Spirito

1 cd FUGATTO 039

45:42

Recensione di Michele Bosio sulla rivista «Musica» (n. 245, aprile 2013)

Per spiegare il requisito che completa l’alta formazione di un organista professionista – l’improvvisazione – ci vengono in aiuto le parole che Marco Enrico Bossi e Giovanni Tebaldini apposero a sigillo del loro storico Metodo Teorico-Pratico per Organo op. 105: «...Non deesi dimenticare di esortare l’organista ad esercitarsi nell’improvvisazione... Quell’esercizio graduato e razionale che dalle prime cadenze, alle modulazioni, ai passaggi, etc. riesca ad arrivare con logica e buon gusto ai preludi, adagi, postludi, etc.».

Il disco di Paolo Bottini, ci porta quindi a pensare che i giovani organisti italiani, oggi, siano – come si dice – sufficientemente scafati, abbiano cioè fatto propria e pratichino «la disciplina non scritta» con lo stessa attenzione e il dovuto rispetto, riservati da tempo, alla ricognizione sistematica delle prassi esecutive storiche.

Il breve percorso estemporaneo (simile alla durata di una jazz session) ispirato alla lettura di alcuni passi tratti dal Cantico dei Cantici, si configura infatti come una esposizione di quattordici quadri creati – hic et nunc – da Paolo Bottini all’organo Lingiardi (1865) di Croce Santo Spirito in Castelvetro Piacentino.

La morfologia bandistica di un tipico organo ottocentesco lombardo potrebbe farci pensare a improvvisazioni in puro stile operistico – lo stesso deprecato dagli autori del Metodo come: «un banale empirismo... reso comodo a tutti i più mediocri organisti» – ma, fortunatamente non è così. Bottini padroneggia i registri del Lingiardi, con una disinvoltura tale, da permettergli di trasformare la singola tastiera dell’organo italiano in una tavolozza timbrica dai molteplici colori impressionisti. Privilegiando l’arcaicità del sistema modale e l’essenzialità del contrappunto, l’autore evoca atmosfere medievaleggianti ricolme di misticheggianti profumi d’incenso, di immobili canti fermi e di processioni danzanti.

Fermare per sempre qualcosa che è unico e irripetibile – come una composizione che nasce al momento – non è cosa da poco. Per i jazzisti è la regola, per gli organisti è un azzardo. Improvvisare durante i sacri riti in maniera funzionale – ma originale – elettrizzare un pubblico durante un concerto con temi suggeriti dall’uditorio, beh, sono esperienze tanto ineffabili quanto effimere. Ma, il disco (che permette un ascolto, praticamente illimitato, degli stessi pezzi) è un azzardo... Ebbene, stavolta l’azzardo a Bottini è riuscito, eccome!

* * *

Merci beaucoup, chère Elena, pour cette invitation et aussi pour le disque que nous venons de recevoir. C’est une très belle musique, accompagnée de très beaux textes, et il est très intéressant, et surprenant aussi, d’entendre dans ce répertoire très actuel les timbres du ripieno de l’orgue italien (et aussi les timpani, sauf erreur), que nous avions davantage l’habitude d’apprécier chez Frescobaldi, voire Zipoli ou, avouons-le, les pièces joyeuses du Padre Davide ou Vincenzo Petrali! Frédérique Lemerle & Yves Pauwels

* * *

[...] La mia prima impressione è che da tutti i brani si sprigiona uno spirito meditativo e anche religioso che mi fa pensare a Jean Langlais quando trovava l'ispirazione nel folklore della sua Bretagna. Altri pezzi mi ricordano Jehan Alain. Molto bello ! Nicole Ortega (Versailles, France)


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VERDI d'ORGANO
Sinfonie, cori, arie e balletti dalle opere di
Giuseppe Verdi
in versione per
organo solo
a cura di Paolo Bottini
(due c.d. «Bongiovanni» e «Da Vinci Classics»)